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Di Maio s’inventa l’auto-Brexit dei prodotti del territorio

Maurizio Crippa

La trovata del vicepremier grillino, scosso dalla chiusura di Pernigotti: “Entro fine anno una legge che leghi per sempre i marchi ai territori”. Ma che vuol dire? Intanto grandi marchi fuggono dall'Italia sovranista

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Pensate se intorno a Maranello girassero in loop, a tutta velocità, tutte le Ferrari in circolazione: però solo lì, ché i marchi devono stare legati al territorio che li ha prodotti. O se tutto il Parmigiano se lo mangiassero a Parma (e solo quello, magari). O se con le famose scarpe coi pallini si potesse ciondolare solo per le viuzze di Sant’Elpidio a Mare, sempre in ossequio al dogma che i marchi devono stare legati ai territori. Come sarebbe semplice il mondo, eh? Magari anche più piccolo. Ma senza alcun dubbio tanto più povero. A chi può essere venuta in mente un’idea così, una specie di auto-Brexit sovranista per chiudersi in casa con i propri prodotti “e tutto il mondo fuori”, come cantava Vasco? Avete indovinato, al ministro del controsviluppo Gigino Di Maio, cresciuto professionalmente negli spazi economicamente sconfinati del San Paolo. E’ molto scosso dalla chiusura della Pernigotti, ovviamente un bel pasticcio, così ha annunciato una trovata da cioccolataio: introdurre una misura che impedisca di sradicare i marchi storici dal loro territorio di origine: “Entro fine anno il governo farà una norma, una proposta di legge che leghi per sempre i marchi ai territori”. Ma che vuol dire? Nel frattempo, la Bc Partners, azionista di controllo della catena di ristorazione di Old Wild West, Temakinho e altri, ha deciso di sospendere il progetto di vendita: tra domeniche chiuse e altre genialità sviluppiste, in Italia c’è troppa incertezza. I bistecconi dei cow-boy se li mangeranno tutti nel vecchio West.

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