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Le urne di plexiglass

Maurizio Crippa

Per il M5s la lotta al voto di scambio passa dalle cabine trasparenti. Così "sarà più facile controllare che l’elettore non estragga dalla tasca una scheda già votata ricevuta ad esempio dal boss di turno"

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I bei tempi andati, quando nell’urna Stalin non ci arrivava, e ti vedeva solo Dio. In futuro niente, è l’estetica del “Grande Fratello” applicata alla trasparenza politica. Alla Camera è passata, e adesso andrà al Senato, una proposta di legge per modificare le antiche tradizioni nei seggi elettorali. Ci saranno urne di plexiglass. Come possa aiutare a ridurre il voto di scambio l’uso delle urne in plexiglass, non si capisce: a meno di introdurre anche l’obbligo di ripiegare la scheda tenendo all’esterno la parte (un tempo) interna: quella con la X. Qualcosa di più, della geniale modifica della democrazia per via logistica, lo si capisce da come verranno modificate (se le opposizioni non si danno una mossa) le cabine: saranno composte di tre lati, e fin qui va bene, ma quello aperto sarà rivolto verso gli scrutatori (saranno dotati di binocolo?). Così “sarà più facile controllare che l’elettore non estragga dalla tasca una scheda già votata ricevuta ad esempio dal boss di turno, al quale egli dovrebbe consegnare quella ricevuta al seggio” (giuro che abbiamo letto proprio questa frase). Forse c’entra qualcosa anche la lotta all’immoralità: niente più possibilità, per l’elettore perverso, di molestarsi un minutino, al riparo da occhi indiscreti, in un orgasmo di partecipazione democratica. La proposta di legge, manco a dirlo, è di tale Dalila Nesci dei Cinque stelle. E così sempre più ci avviciniamo al “Libero Stato di Bananas”, quello in cui, per controllare meglio se i cittadini cambiavano come da disposizioni di legge la biancheria, si era stabilito che dovessero indossarla sopra i vestiti. Ma quello era Woody Allen, questo è Beppe Grillo.

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