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C’è penuria di camionisti in America. Dài coi curriculum

Maurizio Crippa

Se vi va male col reddito di cittadinanza, potete emigrare negli States e mettervi alla guida

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Sono stampati nella nostra memoria come icone invincibili dell’America. Vuoi nel bene vuoi nel male, dipende da quel che ne pensiamo dell’America. I sindacalizzati di Jimmy Hoffa, che ha sulla coscienza la morte di almeno un paio di Kennedy, o forse no, sono i Kennedy che avevano dei carichi pesanti sulla coscienza. O i magnifici anarchici a diciotto ruote di Peckinpah, Kris Kristofferson e tutti gli altri. Insomma i camionisti sulle strade d’America, dritte come binari. Persino libere. Ora però sembra ci sia una gran carestia, di camionisti, e la notizia è double face. L’industria dei truck non è mai stata così richiesta, perché l’economia interna tira e hai voglia a ordinare tutto su Amazon, poi qualcuno le cose te le deve pure recapitare. Così di camionisti non se ne trovano abbastanza, e i giovani non ne vogliono sapere perché sono pagati troppo poco, anche se Amazon ha appena alzato del 20 per cento le paghe. Dall’altra parte, i produttori di cereali lamentano che la poca offerta sta facendo alzare troppo le tariffe, e ne risentiranno pure i prezzi dei Cheerios. Camionisti del Midwest che guidano da trent’anni dicono, stupiti come davanti a una catastrofe naturale: “Non importano i prezzi. Semplicemente non ci sono abbastanza trucker”. E’ il mercato, bellezza. Tranquilli, quindi. Se vi va male col reddito di cittadinanza, potete emigrare negli States e mettervi alla guida. Tanto, pare, in America non serve la patente C, basta mettere nel curriculum di aver partecipato a qualche aperitivo di perfezionamento alla New York University.

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