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Canone svizzero

Maurizio Crippa

Non sono tafazziani, hanno la democrazia diretta ma sanno come usarla: anche gli elvetici votano il 4 marzo, per (non) abolire il canone radio tv 

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Canone inverso è il titolo di un bel romanzo di Paolo Maurensig, preso in prestito da un tipo di contrappunto musicale “per moto contrario” che non provo nemmeno a spiegarvi, perché per me è più complicato del sistema di democrazia diretta della Svizzera. Ma avendo poco o punto da fare il 4 marzo, c’è tempo per raccontare qualcosa del canone svizzero, quello televisivo, e della superiorità del loro sistema politico.

 

Domenica, mentre gli italiani andranno a suffragare la loro democrazia indecisionale e inconcludente, dopo una campagna elettorale in cui s’è detto di tutto – compreso a un certo punto, e da parte del capo del partito più responsabile e affidabile in circolazione, che bisogna abolire il canone Rai – gli elvetici andranno a votare un referendum che chiede l’abolizione del loro canone radio tv. Un’iniziativa proposta dalla destra (populista, va da sé) e che potrebbe smantellare la maggiore impresa cultural-pubblica del paese. Bene. Secondo un sondaggio, quasi due terzi dei votanti intendono respingere la proposta e soltanto il 2 per cento è ancora indeciso. Perché gli svizzeri sono gente seria, hanno la democrazia diretta ma sanno come usarla, non sono dei tafazziani beoti e sanno che uno non vale la qualunque, quando si vota per le cose serie. E chissà se questo esempio possa suggerire un’inversione di tendenza, per il canone politico italiano.

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