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Nevicologia del lavoro

Maurizio Crippa

Se nevica e non riesci a uscire di casa, i casi non sono due (esci o non esci), bensì tre. Peggio del maltempo c’è solo la legislazione del lavoro

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Nevicherà anche a Milano, e cadremo in preda al panico tale quale che essere a Mergellina e Giggino ’a Manetta non ha dato l’allarme. Non riusciremo ad andare a lavorare e faremo anzi di tutto per non andarci. Quando fa freddo, siamo tutti italiani. Però il giornale di Roma, il Messaggero, ha fatto un articoletto genere “pubblica utilità” che sarebbe da riportare in integrale. Giusto per capire che peggio del maltempo c’è solo la legislazione del lavoro.

Intervista a Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Il quale spiega che, se nevica e non riesci a uscire di casa, i casi non sono due (esci o non esci), bensì tre: “Molti contratti nazionali di lavoro, anche nel pubblico, regolamentano un monte ore di congedi o permessi retribuiti da fruire in occasione di eventi meteorologici eccezionali”. Si scopre che “al lavoratore però può essere chiesto di provare l’impedimento”. Basterà whatsappare una foto? Inoltre “è consigliabile fare una comunicazione tempestiva al datore: sarà poi l’ufficio del personale a valutare il caso concreto”. Guardando fuori dalla finestra? Ma la possibilità di assenza dal lavoro può anche non essere prevista dal contratto. Quindi si dovrà misurare “se l’impossibilità di raggiungere il posto di lavoro è comunque oggettiva”. C’è anche la neve soggettiva? E soprattutto, la legislazione varia a seconda che si sia dipendenti pubblici, e allora chiudono tutto e ti è andata bene, grazie Virginia. Oppure sei nel privato, e allora l’azienda “non è obbligata a chiudere anche in presenza di disposizioni che – ad esempio – vietino la circolazione ai mezzi sprovvisti di catene”. E allora sono cazzi tuoi. Almeno fino al 2024, che allora se hai un diesel a Roma non circoli più, manco a Ferragosto.

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