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Johnnie Walker, #too

Maurizio Crippa

Anche il whisky di largo consumo cede allo Zeitgeist e commercializzerà una versione "femminile" per spingere verso la gender equality. Non ne fanno più, di britannici di una volta

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Rimarrà qualcosa, qualcosa di possessivamente loro, agli uomini mascalzoni, e passabilmente machisti e alcolisti, dopo questa buriana puritana e femminista? Probabilmente no, viene da dirlo con la malinconia di una bottiglia vuota. Persino Johnnie Walker, il whisky di largo consumo da sempre contrassegnato da quell’etichetta storta e maschia, un chiaro ammicco a quella prerogativa da caserma di poter pisciare di traverso, ha ceduto allo Zeitgeist. Commercializzerà d’ora in poi una “female version” del suo celebre logo, e si chiamerà “Jane Walker”. Dicono, i distillatori scozzesi, che è un tentativo di attirare le bevitrici del gentil sesso nell’orbita della preziosa bevanda. Ma si tradiscono subito, e ammettono che c’entra qualcosa anche l’idea di spingere verso la “gender equality”, che applicata al mitico distillato di malto della Caledonia, non si sa cosa significhi. E niente: anche il vecchio Johnnie Walker ha ceduto al #MeToo. Non ne fanno più, di britannici di una volta. Gente come un Winston Churchill, che probabilmente si sparava il suo buon whisky maschilista dopo essersi spupazzato lady Doris Castlerosse Delevingne, una signorina ad alto tasso, ma non alcolico. Comunque, se vi consola, non fanno più manco femmine come la bella Doris, una che si vantava nell’autobiografia di aver fatto un “Giro intorno al mondo in 80 letti”. Oggi la tratterebbero peggio di una Jennifer Lawrence. Ma forse lei ci avrebbe bevuto su.

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