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La devastazione antropologica dell'addio alle ombrelline della Formula 1

Maurizio Crippa

Vista la monotonia di quel che avveniva in pista, erano loro l’unico motivo per stare incollati alla tv. Ma l’America è un posto in cui persino un pornoattore ormai lo fanno fuori dai galà di categoria per atteggiamenti inappropriati

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Non per rubare le parole di bocca a Eugenia Roccella, ma l’occidente ha compiuto un altro passo “verso la fine dell’umano”. E per una volta non è colpa di Marco Cappato. E’ non è colpa nemmeno di Bernie Ecclestone, vecchio satrapo, che il Circo Barnum della F1 lo aveva venduto per tempo, fiutando l’aria, alla Liberty Media, roba americana, per una badilata di miliardi. Sono loro che hanno deciso di abolire le ombrelline. Quelle ragazze da urlo che stavano lì per delle mezz’ore, in mondovisione, di fianco alle monoposto, immobili come altrettante Staute of Liberty dell’immaginario maschiocentrico. Vista la monotonia di quel che poi avviene in pista, l’unico motivo per stare incollati alla tv. Ma l’America è un posto in cui persino un pornoattore ormai lo fanno fuori dai galà di categoria per atteggiamenti inappropriati.

 

Così, “nell’ultimo anno abbiamo notato molte aree dello spettacolo che hanno bisogno di essere aggiornate e adeguate a quella che è la nostra visione dello sport” (una visione che non fa luccicare gli occhi? O si preoccupano dei teenager che rischiano di diventare ciechi?) e dunque le ombrelline sono “in disaccordo con le regole di base della società moderna”. Le ragazze avevano persino tentato di difendersi: “Una grid girl non è lì solo per fare bella presenza, le più brave parlano anche”, che suona un po’ come certe dichiarazioni politiche. Ma la frattura antropologica del binomio donne & motori è compiuta. Al loro posto, i neopuritani minacciano di far scendere in pista dei “performer”. Se si azzardano con Marina Abramovicć, guardo solo il MotoGp.

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