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La foto di Saigon che non cambiò la Storia

Maurizio Crippa

Cinquant’anni tondi di anniversario da quello scatto, che come tutti gli altri pieni della violenza del mondo non ha il potere di cambiare gli uomini 

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Oggi molti giornali e siti online hanno ripubblicato e nuovamente raccontato la storia della fotografia che Eddie Adams dell’Associated Press scattò in Vietnam, il 1 febbraio 1968. Cinquant’anni tondi di anniversario. La foto la conosce chiunque, è famosa come “L’esecuzione di Saigon”. Cattura il millesimo di secondo in cui il generale sudvietnamita Nguyen Ngoc Loan punta la pistola alla tempia di un vietcong. Proprio l’istante in cui spara. Adams vinse un Pulitzer, e un tormento infinito confessato più volte. Per essere stato scelto dal destino come l’occhio dietro l’obiettivo, come il dito su quel pulsante meccanico, che oggi sarebbe digitale ma non cambia nulla. “Due persone sono morte in quella foto”, disse anni dopo, mettendo nel conto anche il generale. Sono cinquant’anni che si discute se fu giusto pubblicarla o no, dibattito sommamente inutile. Oggi i giornali, i siti, hanno fatto quasi tutti lo stesso titolo: la foto che cambiò la guerra del Vietnam. Saigon cadde il 30 marzo 1975. Non fu quella foto a cambiare il corso della storia. Ma soprattutto, quella foto da Pulitzer non cambiò il senso della guerra. Come non lo cambiarono né lo cambieranno la bambina nuda bruciata dal napalm, Aylan morto sulla spiaggia e cento altri scatti, che racchiudono tutta la violenza del mondo e tutta la potenza del caso, tutto il coraggio e l’orrore e persino il pentimento. Ritagli del tempo, icone implacabili del vero, le fotografie non hanno il potere di cambiare gli uomini.

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