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La “felicità ascendente”, le foto in rete, le multe

Maurizio Crippa

I minorenni possono scambiarsi immagini potenzialmente pericolose, ma i genitori che pubblicano foto dei figli in rete vengono condannati

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Se “il bullismo sia opera di Satana”, come dice Francesco, non saprei. Ma tendo a fidarmi. Mio papà non ha fatto il Tasso e non ha mai parato un rigore a Vittorio Mussolini, come il babbo del mio amico Giuliano, dunque anche qui non saprei se il prof che liberava l’eros su WhatsApp con le studentesse fosse on the side di Satana, o piuttosto su quella del “basta che funzioni”. Ma anche qui tendo a fidarmi e le due facce di medaglia forse collimano, se ho capito bene. Quel che non ho capito bene, ma non mi fido, è la relazione tra queste due notizie. Abbiamo appreso giorni fa da un’inchiesta giornalistica la spericolata facilità con cui i minorenni si scambiano su reti al di fuori di ogni controllo foto e video con cui, spesso, finiscono per farsi del male. Ma liberi di farlo. Però poi c’è una sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato una mamma a togliere dalla rete tutte le immagini del figlio di 16 anni. Nel caso non lo facesse, dovrà versare al ragazzo diecimila euro. E siamo finalmente più europei: in Francia, per queste violazioni della privacy dei figli se ne rischiano 45 mila e un anno al gabbio. Mettere le foto dei pargoli sui social, mi sembra una stucchevole scemenza. Ma la multa? Mi viene in mente Rilke, che un mio amico ha messo su Twitter: “E noi, che pensiamo alla felicità ascendente, / saremmo commossi / e quasi sconvolti / quando cade una cosa felice”. Non è un’opinione, ma mi fa pensare.

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