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I titoli su Mr. Playboy e il nostro ottimismo 4.0

Maurizio Crippa

Perché ogni titolista vorrebbe mettere a nudo l'Essere

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Siccome non è che muore tutti i giorni l’inventore di Playboy, l’uomo che ha cambiato l’estetica del Novecento più di Picasso e le leggi del desiderio prima di Almodóvar, non si può resistere alla tentazione di dare una sbirciata a come ci viene raccontato, quest’uomo certissimo e immenso e, va da sé, invidiato. E soprattutto come l’hanno titolato. Perché, sapete, dentro a ogni titolista c’è la segreta ambizione di mettere a nudo l’Essere. Si va dall’invidia per ciò che ai più rimane precluso, “Hefner ha realizzato il suo più grande desiderio, riposare accanto a Marilyn” (Huffington Post). All’emersione di un represso complesso eros-thanatos, “Addio Hefner: è morto l’uomo che amava le donne. Ma il porno online lo aveva già ucciso” (Tiscali.it). Alla vena introspettivo-liceale, “Quel che nessuno vi dirà dell’ultimo dei romantici” (Wired.it). Al riflesso pavloviano del Fatto, che non può non alludere: “Addio al satrapo porcellone inventore dell’erotismo patinato”. Ma stavolta il premio per il miglior titolo rivelatore, ce lo prendiamo per noi, che sul Foglio.it scriviamo: “E’ morto Hugh Hefner. Così trasformò la ‘start up’ Playboy in un successo globale”. Perché messo com’è messo il mondo, e ovviamente è colpa di Amoris Laetitia, che il sesso possa essere davvero la chiave per rilanciare la demografia, forse non ci crediamo nemmeno noi. Ma che possa far tirare l’economia 4.0, su questo siamo ottimisti.

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