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Sentirsi tutti Noè nell’arca, come la Botteri al calduccio

Maurizio Crippa

Gli inviati delle televisioni di mezzo mondo discutono se i datori di lavoro abbiano o no il diritto di mandarli a fare gli stand up sotto il diluvio, in Florida. E c'è invece chi sta tranquilla a New York a spiegarci l’immane tragedia trumpiana

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Sul senso dello spettacolo di Irma, e il senso degli americani per lo spettacolo delle catastrofi, leggete Mariarosa qui sopra e godetevi i fuochi d’artificio. Poi c’è un piacere degli occhi supplementare, un po’ come le comiche finali di una volta, ed è il profluvio di immagini, lo show nello show, che tutte le tivù e i siti dei giornali (i social non li abbiamo controllati per principio) hanno dedicato al sottogenere pop di ogni tragedia che si rispetti: “Animali salvati dal diluvio”, ovvero come sentirsi Noè senza schiodarsi dal schermo del tablet. C’è il cane Otis con le crocchette in bocca, c’è l’opossum terrorizzato, ci sono i tremila inquilini dello zoo di Miami evacuati e messi al sicuro nei bunker, i fenicotteri rosa fatti uscire in fila indiana dalla riserva naturale di Tampa. Poi ci sono i lamantini spiaggiati per l’apocalittico ritrarsi dell’oceano. Immagini crude, che a vederle ci sentiamo senza dubbio tutti più buoni. Più umani.

 

Nel frattempo ci sono le polemiche, in America, tra gli inviati delle televisioni che discutono se i datori di lavoro abbiano o no il diritto di mandarli a fare gli stand up sotto il diluvio, o se è meglio starsene chiusi al sicuro in redazione. Forse è meglio starsene chiusi, a meno di avere sotto mano lo scoop di un alligatore mezzo annegato. Ma mentre noi meditavamo su tutto questo, pensando più ai gattini che ai bipedi senza più un tetto, l’altra sera c’era Giovanna Botteri che ci spiegava l’immane tragedia trumpiana, dal calduccio di New York. Ma un opossum bagnato, almeno, si sarà ricordata di adottarlo, almeno a distanza?

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