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Essere Selvaggia e scoprire il circo mediatico giudiziario

Maurizio Crippa

Chi abbia rubato quelle foto, non s’è capito. Ma chissenefrega, quello è giornalismo d’inchiesta

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In attesa che restituiscano al libero giornalismo Filippo Facci, o almeno Padre Livio, non possiamo che festeggiare l’assoluzione di Selvaggia Lucarelli, Guia Soncini e Macchianera per la storia delle foto del compleanno Canalis-Clooney finite in giro chissà perché. Siamo felici per @lasoncini (che volete, è il Foglio) ma anche per la portentosa Lucarelli, apodittica prima penna del Fatto. Magari le riesce di farci un paio di riflessioni: non personali, per carità, lei non sbaglia mai. Ma sul giornalismo giustizialista in generale, che frequenta. Ora si lamenta: è stata infangata, hanno scritto che sarebbe andata a battere cassa da Signorini, invece quelle foto le ha regalate: “Ho peccato di leggerezza… non sapevo cosa farmene e così le ho regalate”. Che sembra un po’ una spiegazione “a mia insaputa”, ma amen. La Canalis s’è incazzata, per l’assoluzione. E lei: “Mi dispiace… dovrebbe rispettare una sentenza di assoluzione completa”. Apperò, rispettare le sentenze di assoluzione: spiegarlo a quelli del Fatto, no? “Se poi pensa che io debba essere punita, credo che i sette anni che ho passato siano sufficienti”. Non è mai capitato a nessuno di essere accusati sette anni a cazzo, e sputtanati a mezzo stampa? No, non è mai successo. O almeno l’acuta osservatrice di costume non se n’è mai accorta. Fortuna che Travaglio ha fatto in tempo a far rettificare a Davigo il famoso brocardo. Se no adesso gli toccherebbe scrivere, della sua Selvaggia: “Non esistono giornalisti innocenti, ma solo”. Eccetera. Poi chi abbia rubato quelle foto, non s’è capito. Ma chissenefrega, quello è giornalismo d’inchiesta.

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