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Lampedusa e Matteo Renzi

Maurizio Crippa

Non sono bastati i successi di Fuocoammare, la visita del Papa, il posto che le ha dato l'ex premier nella segreteria nazionale del partito. Giusi Nicolini non è stata rieletta

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Salvatore “Totò” Martello era già stato sindaco di Lampedusa per due volte, ed è del Pd. Però adesso che ha sconfitto Giuseppina Maria “Giusi” Nicolini, sempre del Pd, e dice che la sua vittoria è “una rivincita consumata a sangue freddo”, e dichiara pure che “le nostre braccia restano aperte, ma vogliamo prima sapere quali sono le regole date”, viene il dubbio che qualcosa che non quadra ci sia. Perché Giusi Nicolini è la sindaca (o preferirà sindaco, lei?) che accolse Papa Francesco alla messa dei barconi, che esultava per la nomination di Fuocammare, che ha ricevuto (a nome della cittadinanza, eh) il premio Unesco per la Pace. E che soltanto qualche mese fa era tra le quattro donne che Matteo Renzi portò alla Casa Bianca per la famosa cena (non proprio portafortuna) con Barack Obama, in quanto “simbolo dell’eccellenza italiana”. Non contento, il segretario del Pd l’ha voluta anche nella nuova segreteria nazionale del partito. E tutto bene.

 

Non fosse che, per cambiare sindaco, a Lampedusa sono andati a votare in quattromila, percentuale simil-bulgara del 79 per cento. E non fosse che c’è una domandina che merita risposta: sono i lampedusani che, nomination o non nomination, non ne possono più di accogliere barconi “senza regole”, oppure è Matteo Renzi che, proprio, porta un po’ sfiga?

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