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Il Toro di Wall Street e la bambina. Per non essere provinciali

Maurizio Crippa

Due cose magnifiche e istruttive da vedere in questi giorni a Milano 

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Poiché ieri era Giovedì Santo e poi viene Pasquetta, se passate da Milano ci sono due cose magnifiche e istruttive da vedere. Istruttive nel senso per l’oggi, non per la scuola. Una è Sixty Last Suppers, il grande montaggio di 60 xilografie che Andy Warhol dedicò nel 1987 all’Ultima cena di Leonardo, da cui il grande newyorchese era affascinato (Museo del Novecento). L’altra è la mostra “New York New York. Arte Italiana - La riscoperta dell’America” (Museo del Novecento e Gallerie d’Italia) che raccoglie il meglio della nostra arte contemporanea realizzata in, e dedicata, all’America. Fascinazioni incrociate. Ieri lo scultore italo-newyorchese Arturo Di Modica, l’autore del Charging Bull di Wall Street, ha chiesto che venga rimossa la statua della Fearless Girl di Kristen Visbal, messa tempo fa lì davanti al toro, e ci rimarrà un anno ancora. Una sfida concettuale, e pazienza che il concetto sia la sfida femminista al brutale mondo maschilista della finanza, ideona Boldrini-style. Ma per Di Modica quella ragazzina di bronzo è un insulto al suo colosso (che lui aveva messo lì senza autorizzazione, trent’anni fa) e al suo significato. E va rimossa. L’aspetto istruttivo è questo. Basta vedere le mostre di cui sopra per capire che l’arte e lo spazio pubblico che sa prendersi sono liberi, e spesso cambiano il segno e il senso delle cose. E l’America è libertà. Se no, il Toro di Wall Street varrebbe come il Dito medio di Cattelan fuori la Borsa di Milano, piccola pernacchia. Warhol cambiò di segno Leonardo. Ma non era provinciale, lui.

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