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L’è el dì di mort che non passano. PPP Moro e gli altri

Maurizio Crippa

"L’è el dì di Mort, Alègher”, diceva con ossimoro forse beneaugurante, forse con il senso ineluttabile delle cose che non passano mai, il grande Delio Tessa.

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"L’è el dì di Mort, Alègher”, diceva con ossimoro forse beneaugurante, forse con il senso ineluttabile delle cose che non passano mai, il grande Delio Tessa. Ineluttabile come l’eterno ritorno dei morti – intesi come decessi, intesi come defunti. Ineluttabile,  nel giorno del 41esimo della sua morte violenta, torna il mistero di Pasolini. C’è forse del Dna inedito e mai inquisito sulla maglia indossata la notte di Ostia da Pino Pelosi, e i parenti  hanno fatto istanza alla Procura di Roma per riaprire le indagini, “una traccia biologica evidente che certifica la presenza di un terzo uomo quella notte oltre allo scrittore”.

 

Il terzo uomo è il nostro romanzo preferito, la morte del poeta che scrisse “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi” è il nostro complotto preferito. Assieme a quello di Moro, con la Commissione Eterna che ancora ascolta, e beve dalle labbra, il br Alberto Franceschini che discetta di “Hyperion”, il “Parlamento degli 007 internazionali”. E ora c’è anche Tina Anselmi, cui toccò in sorte la commissione delle commissioni sul Grande Complotto. Così un paese che non sa processare i vivi, e dopo mesi è riuscito a farsi ridare dal Cairo il passaporto, due tesserini e il bancomat di Giulio Regeni, s’appassiona all’eterno ritorno dell’identico, alla ricerca del doppio fondo nella bara, che c’è, che ci dev’essere. Sperando che sia un ossimoro illogico a svelarci l’Aldiqua. L’è el dì di Mort, Aleghèr.

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