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L’utilità della foto da babbei del Fertility Day

Maurizio Crippa
Chissà se poi Roberto Saviano avrà passato un bel compleanno, ieri, con la torta e il resto, o se quella sciagurata gliel’ha proprio rovinato, col suo Fertility Day.
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Chissà se poi Roberto Saviano avrà passato un bel compleanno, ieri, con la torta e il resto, o se quella sciagurata gliel’ha proprio rovinato, col suo Fertility Day. Ieri era pure il mio onomastico, e francamente non mi sono sentito né più felice né più depresso all’idea che tra nove mesi, magari, saremo una mezza dozzina in più: se qualcuno ieri sera avrà accettato l’invito per uno stile di vita “sano” e copulatorio. Deprime di più che ci sia un ministro, Beatrice Lorenzin appunto, con uno staff della comunicazione così delirante. I furboni che hanno gridato contro la campagna “razzista” sono in malafede.

 

Ma una fotografia meno esposta al dileggio non ci voleva un’aquila a trovarla. Il problema non è il nero associato agli “stili cattivi” di vita: è che in quella natura smorta manca soltanto uno dell’Isis, tanto è caricaturale l’insieme. Ma di questo, amen. Molto più serio è quest’altro: il Fertility Day è stato attaccato in nome di una presunta illiceità di chicchessia di suggerire ad altri “stili di vita”. Peccato che non soltanto la pubblicità, ma i governi e le industrie, e l’Onu e l’Oms, e le campagne mediatiche non fanno che imporre stili di vita, o sanzionare comportamenti. Impongono persino i modelli più o meno androgini,  più o meno etnicizzati cui dovremmo tendere a somigliare. E nessuno obietta, o se ne accorge. Quella foto da babbei ha la grazia, almeno, di rivelare questo paradosso.

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