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Il compagno De Laurentis e il cinepanettone di Piketty

Maurizio Crippa
Noi cinefili d’essai e pure da multisala li abbiamo sempre adorati, i produttori. Perché senza industria non c’è arte, senza la pecunia muore l’estetica. Sempre amati, i produttori.
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Noi cinefili d’essai e pure da multisala li abbiamo sempre adorati, i produttori. Perché senza industria non c’è arte, senza la pecunia muore l’estetica. Sempre amati, i produttori. Quelli che dicevano “i critici hanno stroncato il film, andrò in banca piangendo a consegnare l’incasso”, quelli che facevano i provini alle aspiranti direttamente sul divano, “le donne non sanno di essere sedute sulla loro fortuna”. Poi a Fuoricinema, ultima trovata della Swinging Milano (che dopo i libri vorrebbe papparsi anche il Torino Film Festival) arriva Aurelio De Laurentiis, l’uomo da 34 milioni di cinepanettoni. E ti aspetteresti il monumento a Boldi & De Sica in nome del box office e contro la decrescita infelice. Invece, sembrava la Camusso: “Con i film di Natale sono stato bastonato, ma non avete capito che con quei film bastonavo l’Italia edonista del craxismo e del berlusconismo”. Apperò. “La gente va a vederli e pensa che nel mirino ci sia il vicino di posto, senza rendersi conto che il film parla di lui”. Perbacco, era critica sociale. E tutti quei fessi intellò di sinistra, che classificavano malmostosi la scorreggia qualunquista e la mancanza di dialoghi un insulto alla Costituzione? Vuoi vedere che Higuain quest’estate l’ha venduto per puro benecomunismo? E la prossima sceneggiatura, gliela scrive Piketty?
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