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Scuola con referendum

Maurizio Crippa
In base ai risultati, le università avranno più o meno fondi, e l’autorizzazione ad aumentare le rette, dunque più soldi da investire. L’eccellente idea inglese l’aveva avuta anche la Buona scuola. Soltanto che: al momento i criteri di valutazione sono demandati a commissioni volontarie interne alla scuole (prof che giudicano i prof, sembra un film horror) e i criteri sono assai mobili.
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Ha raccontato mercoledì Paola Peduzzi della riforma delle università inglesi, che saranno valutate da due diversi organismi, uno studentesco e uno governativo, per stabilire la qualità del lavoro docente e gli standard di eccellenza. In base ai risultati, le università avranno più o meno fondi, e l’autorizzazione ad aumentare le rette, dunque più soldi da investire. L’eccellente idea, limitata ai premi in danaro per i migliori prof, l’aveva avuta anche la Buona scuola. Soltanto che: al momento i criteri di valutazione sono demandati a commissioni volontarie interne alla scuole (prof che giudicano i prof, sembra un film horror) e i criteri sono assai mobili: se dai tanti 8, sei un bravo insegnante? O stai bluffando? Quasi tutte le scuole hanno inoltre deciso che una parte di valutazione sia affidata agli studenti e alle famiglie: ed è ovvio, perché non dovrebbero giudicare il servizio ricevuto? Ma scoppiano le polemiche, perché alcuni istituti hanno deciso di affidarsi solo al plebiscito degli studenti, che come ognun vede è tutto tranne che affidabile. La Cgil protesta, per una volta non ha torto. Il problema è che da noi a un organismo esterno di valutazione e un sistema di doppio controllo nessuno ha pensato: stiamo tra il volontariato e il populismo. Pannella almeno avrebbe proposto un referendum.
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