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La magnifica utopia del senatore Wofford e del suo Tadzio

Maurizio Crippa
In attesa che il mio amico Giuliano ci faccia sapere da New York com’è andato il suo doppio esperimento di minzione gender free al Metropolitan Opera House e alla Trump Tower, gli racconto io, se la fosse persa nei transiti fra un cesso politically correct e l’altro, una storia meravigliosa.
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In attesa che il mio amico Giuliano ci faccia sapere da New York com’è andato il suo doppio esperimento di minzione gender free al Metropolitan Opera House e alla Trump Tower, gli racconto io, se la fosse persa nei transiti fra un cesso politically correct e l’altro, una storia meravigliosa. E’ quella di Harris Wofford, che fu senatore democratico della Pennsylvania e ora ha novant’anni, e fu special assistant di Kennedy nel 1961 per i Civil Rights, e conobbe la sposa di tutta una vita durante la Seconda guerra mondiale e sono stati sposati per cinquant’anni e hanno avuto tre figli. Poi lei è morta di leucemia, e lui pensava che non avrebbe amato nessuno mai più. Ma adesso ha scritto una struggente e cristallina lettera al New York Times per annunciare che sposerà Matthew Charlton, l’uomo che ha incontrato cinque anni dopo la morte della moglie (fu nel 1996, Clinton gli telefonò, grand’uomo). Wofford era amico del filosofo ebreo Martin Buber, che nelle sue Vie dell’utopia spiegava che una grande idea nasce quando il fato s’incontra con un’ora creativa. E la sua ora creativa fu un pomeriggio, in spiaggia, prendendo il sole e nuotando, quando apparve Matthew e gli disse: “Hello”. E la lettera è davvero magnifica e piena di vita, e a me e forse anche al mio amico Giuliano fa tornare in mente il professor Aschenbach al Lido con il suo Tadzio, e l’Adagietto della Quinta di Mahler. Solo che noi, europei ingenui, pensavamo fosse decadentismo. Invece era una magnifica utopia.
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