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Se per Boldrini il referendum è un atto d’amore

Maurizio Crippa
Come quel tale del Pd (nome? boh) che l’altra sera in tv non sapeva se essere per il sì o per il no al referendum delle trivelle, quando c’è un referendum si può essere molto confusi, tanto sulle trivelle quanto sull’istituto referendario in sé.
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Come quel tale del Pd (nome? boh) che l’altra sera in tv non sapeva se essere per il sì o per il no al referendum delle trivelle, quando c’è un referendum si può essere molto confusi, tanto sulle trivelle quanto sull’istituto referendario in sé. Io ad esempio ho la tendenza a pensare che siccome a Milano non c’è il mare – perché “se Milano avess lu mer sarebb ’na piccola Ber”, e mi ritroverei come governatore Emiliano a dire cose del tipo “i petrolieri sono quattro gatti socialmente irrilevanti e pieni di debiti con le banche” –, allora non ci sono manco le trivelle e a al referendum mi posso astenere. Ma mi accorgo da me che il ragionamento è bislacco, nel suo chilometrozerismo politico, e quasi me ne vergogno.

 

O me ne vergognerei, non fosse che poi sento uno come Renato Brunetta, che vivaddio è stato ministro e di politica ne capisce, che del suo proprio partito dice: “Forza Italia ha posizioni per il sì, come quelle delle regioni in cui governa, e posizioni per il no, riguardanti la scarsa utilità di referendum di questo genere”. Comunque sia, la cosa che forse mi convincerà per l’astensione è il sentimento. Sì, proprio l’amore. Laura Boldrini ha dichiarato: “Andrò a votare al referendum perché in un tempo in cui c’è molta sfiducia verso la politica, non andare a votare è la conferma di questo disamore, di questa disillusione”. La signora potrebbe magari riflettere che quello delle trivelle è proprio un referendum dell’antipolitica. Ma che volete, questa è fredda analisi, meglio l’amore.

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