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La superiorità antropologica del Mancio pol. corr.

Maurizio Crippa
Frocio e finocchio, gli ha detto. E il Mancio: “E’ razzista. Si deve vergognare. Uomini come lui non possono stare nel calcio”. Quello ha risposto che poteva anche dargli di democristiano (ci mancava, la Cgil Calcio), tanto per aggravare la sua posizione di minorità universale.
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Frocio e finocchio, gli ha detto. E il Mancio: “E’ razzista. Si deve vergognare. Uomini come lui non possono stare nel calcio”. Quello ha risposto che poteva anche dargli di democristiano (ci mancava, la Cgil Calcio), tanto per aggravare la sua posizione di minorità universale: “Sono cose che devono finire sul campo” è un’idea che solo un analfabeta digitale può avere. Il Mancio è stato stronzo, ma ha fatto bene. Perché s’è messo, sapendo di avere ragione, dalla parte della storia che ha ragione. C’è chi pensa che invece è stronzo e basta, perché il politicamente corretto è la neolingua che ci strozza. Il che è vero, ma con la postilla che c’è anche chi andrebbe strozzato nella culla.

 

Nato per circoscrivere le disuguaglianze, come ogni nemesi che si rispetti il pol. corr. è divenuto sanzione di superiorità antropologica. Perché gli uomini sono tutti fratelli, ma non sono tutti uguali. Abbiamo imparato tutti a vestirci, tranne Sarri. Abbiamo imparato tutti a stare al mondo, tranne Sarri. Abbiamo imparato tutti a esprimerci in un idioma comprensibile, tranne Sarri. (Prendendo Sarri non come persona, chi se ne fotte, ma come paradigma). Se per essere politicamente scorretti bisogna ammettere che i Sarri abbiano gli stessi diritti di cittadinanza degli altri, allora il pol. corr. è una conquista di civiltà. “In Inghilterra uno come lui non starebbe nemmeno in un campo di allenamento”. Dopodiché, non lo so se il Mancio sia frocio. Ma io mi sono innamorato.

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