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La sindrome del biscotto negli occhi degli italiani europei

Maurizio Crippa
Non so se Gigi Di Biagio potrà mai diventare commissario europeo, dopo che avrà gettato alle ortiche il saio di commissario dell’Under 21. Però a ben guardare “ci sta”, come dicono i giovani. Perché qualcosa di essenziale, di connaturato nell’animo dell’italiano all’estero, dell’italiano-europeo, lo
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Non so se Gigi Di Biagio potrà mai diventare commissario europeo, dopo che avrà gettato alle ortiche il saio di commissario dell’Under 21. Però a ben guardare “ci sta”, come dicono i giovani. Perché qualcosa di essenziale, di connaturato nell’animo dell’italiano all’estero, dell’italiano-europeo, lo possiede. E’ la sindrome del biscotto. I suoi azzurrini viziati si sono svegliati tardi, ma hanno spazzolato gli inglesini. Solo che, come Svezia e Danimarca agli Europei del 2004, anche Portogallo e Svezia all’ultimo minuto hanno fatto il biscotto: pareggio politico come fosse un accordicchio sulla Grecia, loro passano e Italia a casa. Così il mesto Gigi ha detto: “Ho visto la disperazione dei ragazzi perché un sogno così non capita tutti i giorni. Sono orgoglioso dei miei giocatori e di quello che hanno fatto”. Ma l’avesse detto, poniamo, Alfano dello sforzo dei suoi raccatta-profughi dopo essere stato rimbalzato persino dall’Ungheria, o il nostro caro premier dopo l’ultimo niet ad allentare i parametri del deficit, sarebbero state le stesse parole, il medesimo orgoglio da mulino bianco. Non è che abbiamo nemici, noi italiani brava gente; non è che ci sia un complotto contro di noi, ché noi negli altri abbiamo fiducia. Ma è che, alla fine, c’è sempre quel profumo di biscotto a rendere vani gli sforzi di quanto siamo bravi, noi italiani.
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