Non so se Gigi Di Biagio potrà mai diventare commissario europeo, dopo che avrà gettato alle ortiche il saio di commissario dell’Under 21. Però a ben guardare “ci sta”, come dicono i giovani. Perché qualcosa di essenziale, di connaturato nell’animo dell’italiano all’estero, dell’italiano-europeo, lo
Non so se Gigi Di Biagio potrà mai diventare commissario europeo, dopo che avrà gettato alle ortiche il saio di commissario dell’Under 21. Però a ben guardare “ci sta”, come dicono i giovani. Perché qualcosa di essenziale, di connaturato nell’animo dell’italiano all’estero, dell’italiano-europeo, lo possiede. E’ la sindrome del biscotto. I suoi azzurrini viziati si sono svegliati tardi, ma hanno spazzolato gli inglesini. Solo che, come Svezia e Danimarca agli Europei del 2004, anche Portogallo e Svezia all’ultimo minuto hanno fatto il biscotto: pareggio politico come fosse un accordicchio sulla Grecia, loro passano e Italia a casa. Così il mesto Gigi ha detto: “Ho visto la disperazione dei ragazzi perché un sogno così non capita tutti i giorni. Sono orgoglioso dei miei giocatori e di quello che hanno fatto”. Ma l’avesse detto, poniamo, Alfano dello sforzo dei suoi raccatta-profughi dopo essere stato rimbalzato persino dall’Ungheria, o il nostro caro premier dopo l’ultimo niet ad allentare i parametri del deficit, sarebbero state le stesse parole, il medesimo orgoglio da mulino bianco. Non è che abbiamo nemici, noi italiani brava gente; non è che ci sia un complotto contro di noi, ché noi negli altri abbiamo fiducia. Ma è che, alla fine, c’è sempre quel profumo di biscotto a rendere vani gli sforzi di quanto siamo bravi, noi italiani.