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L’onore imperdibile di Borghezio, un Debord cisalpino

Maurizio Crippa
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A voler difendere Mario Borghezio si rischia di finire subito seduti dalla parte del torto, o in prigione senza passare dal Via! come a Monopoli. Però l’uomo, eternamente a metà strada tra Monsieur Hulot e un comprimario del Circolo Pickwick, ha un suo perdonabile coté romantico, da Debord cisalpino. Se disinfetta i sedili del treno dove siedono le prostitute di colore, quasi lo menano sui binari della stazione. Se parte per il Bildelberg per stanare la plutocrazia lo menano davvero, e senza misericordia. Per aver detto alla “Zanzara”, nel colmo del furore anti boldriniano, che “i rom sono facce di c…” (le agenzie non specificano il resto, né io lo ricordo) l’hanno mandato a processo per diffamazione aggravata e discriminazione razziale. E ora lui, eterno resipiscente come manco un adolescente, per limitare i danni ha trovato pure un accordo i discriminati e sgancerà alla loro salute un bel po’ di bigliettoni. Ma, tutto d’un pezzo e dignitoso, ha detto: “Ho espresso delle considerazioni con finalità satirica, ma non ho mai detto e non dirò mai parole riferite ai rom che attengono a ruspe o feccia”. Già, lui si pente e paga. Il nuovo capo del suo partito Matteo Salvini, invece, lo invitano a una cena elegante. 
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