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Michel Platini, l’uomo che esultava troppo

Maurizio Crippa
Sono disgustato. L’ho aiutato in passato, adesso deve lasciare”. Come Bonnie che avesse tutto d’un tratto scoperto, cielo!, che lavoro faceva Clyde per campare, ma con la freddezza del professionista che si appresta a tirare il rigore anche se il fallo era fuori area, Michel Platini ha sputazzato tutto il veleno che poteva su Sepp Blatter.
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"Sono disgustato. L’ho aiutato in passato, adesso deve lasciare”. Come Bonnie che avesse tutto d’un tratto scoperto, cielo!, che lavoro faceva Clyde per campare, ma con la freddezza del professionista che si appresta a tirare il rigore anche se il fallo era fuori area, Michel Platini ha sputazzato tutto il veleno che poteva su Sepp Blatter, il Totò Riina della Fifa. Siccome è francese, c’ha messo quel più di retorica di cui il resto del mondo farebbe a meno: “Io che amo la Fifa, io che sono un grande ammiratore della storia della Fifa dico che è davvero troppo”. Mancava che dicesse: la Fifa c’est moi, casomai vi servisse. Platini è stato un grande calciatore, ora guida la macchina dell’Uefa e vorremmo tanto dire in modo trasparente, ma prima aspettiamo che qualcuno ci spieghi come gestiscono i criteri del fairplay finanziario, quantomeno.

 

Di Blatter è stato alleato e sponsor presso i grandi elettori europei. Ma che importa. Quando è il momento di esultare fuori luogo e fuori tempo, l’uomo è sempre stato un fuoriclasse, anche meglio che a tirare le punizioni. Zibi Boniek l’ha difeso ancora in questi giorni in cui si ricorda l’Heysel: sì, esultò, ma cosa altro poteva fare? Lui stesso, con un arzigogolo che qualsiasi editor gli avrebbe sistemato, ha scritto: “Ho già rivelato un giorno che, sapendo che c’erano dei morti e avendoli come cancellati dal mio spirito o respinti, ecco che il mio gesto mi sembrava oggetto di psichiatria”. Diciamo che sembra un oggetto un tantino più puzzolente. Allora come ora.

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