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Pane, amore ed Exarchia. Togli un Varoufakis da tavola

Maurizio Crippa
Il primo cui la rivoluzione presentò il conto, inteso il conto del ristorante, fu Dario Franceschini. Stava seduto a Roma in trattoria, nelle radiose giornate in cui si rieleggeva Napolitano al Colle, e venne aggredito e insolentito da “centinaia di grillini” che passavano di lì.
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Il primo cui la rivoluzione presentò il conto, inteso il conto del ristorante, fu Dario Franceschini. Stava seduto a Roma in trattoria, nelle radiose giornate in cui si rieleggeva Napolitano al Colle, e venne aggredito e insolentito da “centinaia di grillini” che passavano di lì, forse sognando di essere la Guardia rossa, “che mi vedono, mi filmano e mi insultano”. Stavolta la purga rivoluzionaria è toccata a Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze greco, che aveva deciso di uscire a cena ad Atene

 

con la moglie, magari per togliersi via il sapore  acido dei cavoletti di Bruxelles che gli hanno ficcato in gola nei giorni scorsi. Col senno di poi, poteva trovare qualcosa di più appartato che non un ristorantino del quartiere Exarchia, notoriamente frequentato da anarchici e syrizi incazzati. Fatto sta che quelli l’hanno visto, il figaccione che non è riuscito a scucire un euro alla Merkel e a quelle sanguisughe di banchieri, e di colpo lo stronzo è diventato lui. Gli hanno lanciato persino i bicchieri, la sua compagna gli ha fatto scudo col suo corpo (questo, crediamo, Franceschini non l’avrebbe permesso mai). Poi lui ha detto che è stata una discussione cordiale, volevano solo sapere come andava la trattativa, e “dopo 15 minuti ce ne siamo andati con la moto indisturbati”. Sarà, non diciamo di no. Ma resta quella sensazione sgradevole, come una lisca di pesce tra i denti, che la rivoluzione alla fine è un risentimento gastrico per quello che mangiano gli altri.

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