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Cercate un'immagine simbolo del derby milanese? Era in via Paolo Sarpi

Maurizio Crippa

La prossima stracittadina si rischia di giocarla direttamente in un Laogai

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L’immagine simbolo del derby testé conclusosi con la magnifica vittoria della Var in zona Cesarini era situata a circa sei km a est di San Siro, laddove un tempo era il burg di chigulàtt e adesso c’è Chinatown. Via Paolo Sarpi era un tripudio bipartisan di bandiere dell’Inter e del Milan, come neanche a Broccolino quando ancora festeggiavano il Columbus Day. Il record europeo di incassi e il terzo anello pieno, che vien quasi malinconia all’idea che lo vogliano tirare giù è il miglior risultato sportivo, o l’unico che conta, per i cinesi d’ambo i lati. I Bauscia di Nanchino giocavano in casa, Stephen Zang di fianco a Capitan Zanetti ha fatto la sua bella figura. Il Principe e il Cuchu in tribuna erano una festa meglio che a Natale. Per il resto, sulla sponda del Naviglio sponsorizzata Suning sono più preoccupati per il Congresso del Partito comunista di Pechino che nemmeno per la trasferta a Napoli. Sulla sponda debitoria di Yonghong Li sono più preoccupati dei conti in rosso che nemmeno dell’inconsistenza di Rodriguez sulla fascia. La prossima stracittadina si rischia di giocarla direttamente in un Laogai. Per il resto, sono piccole noterelle in cronaca, flebili e volatili come un discorso programmatico di Pisapia (che ad ogni buon conto ha sangue bauscia nelle vene). Tra le varie: non basta essere un puntero argentino e avere gli occhioni azzurri per segnare un rigore in extra time generosamente offerto dal Marchingegno Fatale: se indossi la maglie con le strisce dai colori sbagliati, finisci a piangere sul prato. Montella chiede altri due mesi, come un Puigdemont qualsiasi, ma i tifosi gli manderebbero la Guardia Civil. Nel caldo tropicale delle ottobrate milanesi, Ophelia – per quanto declassato a “ex uragano”, un po’ come Bonucci a ex giocatore – ha squassato soltanto la curva Sud di San Siro. Alla Nord si stava benissimo, brezza argentina.

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