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Only the animals - Storie di spiriti amanti

La recensione del film di Dominik Moll, con Laure Calamy, Denis Menochet, Damien Bonnard

Mariarosa Mancuso
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Dominik Moll è uno strano regista. Niente contro, ma poi non sempre le acrobazie gli riescono: “stranezza” non è sempre “mezza bellezza”. È tedesco naturalizzato francese, in cuor suo sogna di diventare il fratellino di Hitchcock. “Harry, un amico vero” – anno 2000, in concorso a Cannes – qualcosa di buono aveva: un vecchio compagno di scuola che si intrufola in famiglia, e cerca di renderla felice con le cortesie prima e la brutalità poi (neanche l’idea di felicità è condivisa).

 

“Storie di spiriti amanti” – solito bagno nella melassa del titolo italiano, l’originale indica uno scontroso proprietario di fattoria che parla solo con gli animali – comincia con un giovanotto africano in bicicletta, porta una capretta sulle spalle. Stacco su una foresta innevata. Stacco su Laure Calamy (“Chiami il mio agente!”) che fa l’assistente sociale, o qualcosa di simile, di fattoria isolata in fattoria isolata. Il posto peggiore per scomparire. Valeria Bruni Tedeschi ci riesce, lasciando la macchina sul ciglio della strada che porta all’altopiano. La polizia comincia a indagare, spuntano un po’ di indizi, e come per magia (la sceneggiatura solo vagamente suggerisce, e ha molti buchi che secondo il regista dovrebbero creare suspense) ben cinque personaggi si trovano implicati nella sparizione. Purtroppo, e non è colpa degli attori, non palpitiamo né per la sorte della scomparsa né per le storie intrecciate – si fa per dire – dei sospettati.

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