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Uno spasso di agenti

Mariarosa Mancuso

Su Netflix l’ultima, riuscita stagione di “Chiami il mio agente”, che racconta il lato B del cinema

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Sono tornati. Alle loro scrivanie dell’agenzia parigina Ask – Agence Samuel Kerr, il titolare è morto qualche stagione fa – per sbrigare l’ingrato lavoro dell’agente cinematografico. Sono Andréa, Mathias, Arlette, Hervé. Gestiscono i contratti e i capricci degli attori francesi, in vista dei César o di più modesti premi. Alcuni vorrebbero solo lavorare, anche in piccoli ruoli, e dedotte le spese rendono pochissimo. Sono rami secchi da tagliare, l’azienda è in crisi – no, non per il virus e le sale chiuse, la quarta stagione di “Chiami il mio agente”, titolo originale “Dix Pour Cent”, era già stata girata (da ieri è su Netflix, come le precedenti). “Ma come si fa?”, chiedono i più giovani, appena promossi e non ancora incalliti. “Come quando lasci un fidanzato”, spiega Andréa che ora dirige l’agenzia. Basta che gli dici: “Non sei tu, sono io…” (sottinteso: “Che non funziono, che non vado bene per te, che non sono all’altezza, che non ti merito” – basta scegliere il più adatto, se proprio chiedono spiegazioni).

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Sono tornati. Alle loro scrivanie dell’agenzia parigina Ask – Agence Samuel Kerr, il titolare è morto qualche stagione fa – per sbrigare l’ingrato lavoro dell’agente cinematografico. Sono Andréa, Mathias, Arlette, Hervé. Gestiscono i contratti e i capricci degli attori francesi, in vista dei César o di più modesti premi. Alcuni vorrebbero solo lavorare, anche in piccoli ruoli, e dedotte le spese rendono pochissimo. Sono rami secchi da tagliare, l’azienda è in crisi – no, non per il virus e le sale chiuse, la quarta stagione di “Chiami il mio agente”, titolo originale “Dix Pour Cent”, era già stata girata (da ieri è su Netflix, come le precedenti). “Ma come si fa?”, chiedono i più giovani, appena promossi e non ancora incalliti. “Come quando lasci un fidanzato”, spiega Andréa che ora dirige l’agenzia. Basta che gli dici: “Non sei tu, sono io…” (sottinteso: “Che non funziono, che non vado bene per te, che non sono all’altezza, che non ti merito” – basta scegliere il più adatto, se proprio chiedono spiegazioni).

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I clienti redditizi – con capricci proporzionati al loro cachet – sono i grandi attori francesi che i César li vincono davvero. Uno per ogni episodio, recitano la parte di se stessi. Dispostissimi a farsi prendere in giro: i copioni perfidamente giocano sulla loro immagine pubblica. Jean Dujardin era l’attore fanatico, prigioniero del suo ruolo dopo un film sulla prima guerra mondiale: si era accampato in giardino, aveva smesso di lavarsi e azzannava conigli. Isabelle Huppert girava un film di giorno e uno la sera, e si appisolava sul set. Monica Bellucci pretendeva che il suo agente le trovasse un fidanzato. All’inizio della quarta stagione, il socio Mathias se ne va portandosi via un bel portafoglio di clienti e un terzo del fatturato. Se ne va anche Mimie Mathy, l’attrice (nana, o bisogna dire “verticalmente svantaggiata?”) della serie tv “Joséphine Ange Gardien”. E’ furiosa perché la trascurano, eppure il programma piace al pubblico, dura da varie stagioni, e sui piani di sviluppo c’era scritto “tenere d’occhio i registi e gli attori delle serie”.

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Anche a Parigi si sono accorti del business. Nel primo episodio della nuova spassosa stagione (l’ultima, tanto vale dirlo, non ne sono previste altre, forse il parco degli attori che stanno al gioco si è ormai esaurito, e così le dinamiche interne tra i soci dell’agenzia) c’è Charlotte Gainsbourg. La sua agente non ha fatto in tempo a leggere il copione, prima di firmare il contratto, la poveretta si trova incastrata in un film demenziale. Fantascienza, viaggi nel tempo, costumi che prevedono un terzo braccio – e la costumista non sa se cucirlo davanti o dietro a un completino metallico da futuro lontano. Il copione parla di “tre soli verdi che tramontano sul pianeta Xantas”. Sciaguratamente, lo ha scritto un amico d’infanzia a cui Charlotte è molto affezionata, non vorrebbe ferirlo. L’agente Andréa (l’attrice Camille Cottin, con il suo notevolissimo naso) tenta il colpo del doppio cachet, convinta che sia infallibile. Non in questo caso: al produttore non sembra vero aver messo sotto contratto Charlotte Gainsbourg (una benedizione per il botteghino) e non molla l’osso. Arrivano le pietose bugie: finta gamba fratturata, con tanto di gesso. Il regista e sceneggiatore comincia a parlare di oggetti sollevati con la sola forza del pensiero. In un altro episodio c’è Sigourney Weaver, furiosa perché l’hotel Crillon le ha dato una tranquilla stanza sul cortile e non su Place de la Concorde. E’ arrivata a Parigi per girare un film con Guillaume Gallienne (il tipo di regista che viene dalla Comédie-Française) e per i “macaron” della ditta Ladurée. Spera di doversi innamorare di un giovanotto – nel cinema francese può succedere – e scappa inorridita quando capisce che le tocca un fascinoso vecchietto.

 

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