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Jean-Pierre Bacri (1951-2021), l’attore con la luna di traverso

Era anche sceneggiatore, tra le penne migliori del cinema francese, sempre capace d’inventare capolavori di perfidia

Mariarosa Mancuso

Sarebbero tanti i film da vedere, se il suo genio ancora vi fosse sfuggito. Ma non contate sullo streaming: per qualche film bisogna sganciare un obolo non compreso nell’abbonamento, e gli altri titoli proprio non esistono

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Sarà da qualche parte che bofonchia. Di sicuro lo avranno dimenticato a metà strada tra l’inferno (ottimo per la compagnia, ma lui era di poche parole, sputacchiate a mezza bocca) e il paradiso (che ha un clima migliore, ma di sicuro lo avrebbero infastidito gli angeli e le musiche celestiali). Jean-Pierre Bacri continua a vivere nelle sue sceneggiature e nei suoi ruoli d’attore dove sempre borbottava, con la luna di traverso. In “Cuisine et dépendances”, in “Aria di famiglia”, in quel capolavoro di perfidia intitolato “Il gusto degli altri”. 
   

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Sarà da qualche parte che bofonchia. Di sicuro lo avranno dimenticato a metà strada tra l’inferno (ottimo per la compagnia, ma lui era di poche parole, sputacchiate a mezza bocca) e il paradiso (che ha un clima migliore, ma di sicuro lo avrebbero infastidito gli angeli e le musiche celestiali). Jean-Pierre Bacri continua a vivere nelle sue sceneggiature e nei suoi ruoli d’attore dove sempre borbottava, con la luna di traverso. In “Cuisine et dépendances”, in “Aria di famiglia”, in quel capolavoro di perfidia intitolato “Il gusto degli altri”. 
   

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In “C’est la vie – Prendila come viene”, i due geniacci Olivier Nakache e Éric Toledano gli fanno fare l’organizzatore di matrimoni, senza però cambiargli il carattere (cinematografico, ma parlava poco anche nelle conferenze stampa, era il tipo che alla domanda “dove si vede tra qualche anno” risponde “in un’urna funeraria”). Alla coppia che vorrebbe “qualcosa di meno costoso”, suggerisce – con aria infastidita, e un mugugno che non riesce a diventare sorriso di circostanza  – che se hanno speso tutti i soldi per affittare il locale possono dire agli invitati di portarsi un fagottino con le uova sode e l’insalata. Sarebbero tanti i film da vedere, se il genio di Jean-Pierre Bacri ancora vi fosse sfuggito. Ma non contate sullo streaming: per qualche film bisogna sganciare un obolo non compreso nell’abbonamento, e gli altri titoli proprio non esistono. 
     

Le parole gli uscivano di bocca “comme des berlingots ou des chamallows”, scrive Libération obbligandoci a tirar fuori il dizionario. Son dolciumi gommosi, rendono benissimo l’idea. Nel “Gusto degli altri” è un industriale, sposato con un’arredatrice che ha foderato casa e divani con stucchevoli tessuti floreali in tutti i toni del rosa. Comincia a prendere lezioni d’inglese da un’attrice squattrinata. Per farle la corte va addirittura a teatro: si mette in scena “Bérénice”, tragedia in cinque atti – un numero di versi in proporzione – scritta da Jean Racine nella seconda metà del Seicento. Ne esce sconfitto, ma non demorde, e alla mostra d’arte girano certe battute sui froci, e sui critici, e sui critici froci che a vent’anni di distanza – il film è del 2000 – ricordano i tempi d’oro della comicità. Dev’essere per questo che non hanno molta fortuna sulle piattaforme streaming – siamo tornati alla vecchia idea dei film per famiglie, complimenti anche per questo simpatico rispolvero.
     

Jean-Pierre Bacri aveva scritto “Il gusto degli altri” (e scriverà molti altri film) con Agnès Jaoui. Insieme erano le penne migliori del cinema francese, secondi nell’osservazione di noi umani soltanto a Yasmina Reza di “Il dio del massacro” (la pièce teatrale da cui Roman Polanski ha tratto “Carnage”) e di molte altre dilettevoli letture, come i racconti intitolati “Felici i felici”, e il più recente “Serge”, appena pubblicato da Flammarion. Coppia di ferro, per un certo periodo anche nella vita. Lei ricorda “La meraviglia di lavorare con un uomo che diceva esattamente quel che pensava nel momento in cui lo pensava. Rende ogni cosa molto più facile”. Siamo sempre in zona “felici i felici”, non è che si possa dire di chiunque; e certo la vita la semplifica, ma a rischio di rendersi insopportabili.
     

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Jean-Pierre Bacri era nato in Algeria 69 anni fa, suo padre faceva il postino e la domenica staccava biglietti al cinema locale. Arrivò a Parigi passando per Cannes, cominciò a studiare recitazione per far colpo su una ragazza. Iniziò recitando Harold Pinter, drammaturgo famoso soprattutto per le sue pause. Sul palcoscenico, tra un silenzio e l’altro, conosce Agnés Jaoui: il cinema francese e gli spettatori ringraziano.
 

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