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Perché ci vuole fisico. Sean Connery da Bond a Hitchock

Mariarosa Mancuso

Si mise il parrucchino per 007 e fu eletto uomo più sexy del secolo. Vinse un Oscar per “Gli intoccabili” e fu anche accusato di molestie. Un ritratto dell'attore scozzese, morto oggi

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A 14 anni Sean Connery lasciò la scuola per fare il garzone del lattaio, a 18 si arruolò nella Royal Navy (poi lo rimandarono a casa per motivi di salute), a 19 era afflitto da precoce calvizie. Recuperò gli svantaggi molto rapidamente: facendo body building (che che all’epoca si chiamava culturismo), partecipando ai concorsi per Mr. Universo, mettendosi il parrucchino in testa per dire “Mi chiamo Bond, James Bond”. Con risultati duraturi: nel 1999 fu eletto “uomo più sexy del secolo”.

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A 14 anni Sean Connery lasciò la scuola per fare il garzone del lattaio, a 18 si arruolò nella Royal Navy (poi lo rimandarono a casa per motivi di salute), a 19 era afflitto da precoce calvizie. Recuperò gli svantaggi molto rapidamente: facendo body building (che che all’epoca si chiamava culturismo), partecipando ai concorsi per Mr. Universo, mettendosi il parrucchino in testa per dire “Mi chiamo Bond, James Bond”. Con risultati duraturi: nel 1999 fu eletto “uomo più sexy del secolo”.

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Nel mezzo, aveva fatto provini ed era stato scelto per il primo James Bond, “Dr. No” (per gli spettatori italiani “Agente 007 – Licenza di uccidere”). Contò più la prestanza fisica che la bravura d’attore. Lo dovettero rifinire un po’, era nato a Edimburgo in una famiglia modesta, anche l’accento lasciava a desiderare, e lo smoking bisogna saperlo portare. In cima alla lista dei rivali c’era Cary Grant, che non si voleva impegnare per un film avviato a diventare una saga, e si parlò perfino di Richard Burton.

 

In tutto, ne girò sei. Compreso l’apocrifo “Mai dire mai”, remake di “007 – Operazione tuono (non è prodotto da Albert Broccoli, va detto che le relazioni di Ian Fleming con il cinema furono piuttosto complicate, e il James Bond di carta è assai diverso). Quello che inizia con la battuta sui “radicali liberi”, e il dottore che ammonisce: “Troppa carne rossa, troppo pane bianco, troppi martini”. Risposta serafica di Mr. Bond: “Rinuncerò al pane bianco”.

 

 

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Fuori dalla saga bondiana – che nel frattempo ha fatto molti passi avanti verso il realismo, non si vedono più smoking sotto la muta da sub e neanche zaini con i razzetti, per superare gli ostacoli levandosi in volo – Sean Connery ha vinto un Oscar per “Gli intoccabili”. Alfred Hitchock lo ha diretto nel 1964 in “Marnie”, accanto a Tippi Hedren che non gli ha fatto mancare un’accusa di molestie (sempre fuori tempo massimo). “Lei è una ladra, e lui vorrebbe saltarle addosso a cassaforte ancora aperta”, confessava Hitch nella lunga intervista con François Truffaut. Ci sarebbe anche il fantascientifico “Zardoz” di John Boorman, accando a Charlotte Rampling. Una specie di Spartaco in costumino rosso, tenuto su da bretelle-cartuccere sul torace nudo, stivali neri da Pretty Woman, capelli racconti in una lunga treccia. Per sopravvivere a un simile abbigliamento, bisogna aver fascino da vendere.

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Nel “Nome della rosa” (il film, diretto da Jean-Jacques Annaud) era il francescano Gugliemo da Baskerville, che con il fido aiutante Adso cerca di capire perché i monaci copisti muoiono uno dopo l’altro, e fuori non c’è nemmeno la peste. È stato il padre di Indiana Jones, archeologo pure lui. Quando gli offrirono per l’ultima volta la parte, disse che ormai si era ritirato dal cinema, e che trovava la vita del pensionato dannatamente divertente. Aveva compiuto da poco 90 anni, e ci eravamo convinti che fosse eterno, con il suo gonnellino a far campagna elettorale per l’indipendenza scozzese.

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