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Nuovo cinema mancuso

Lasciami andare

Mariarosa Mancuso
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La Mostra di Venezia 2020 ha coraggiosamente scavalcato l’ostacolo della pandemia, dimostrando organizzazione teutonica (guai a liberare una narice dalla mascherina, arrivava la maschera a redarguirti). Ha premiato con un Leone d’oro “Nomadland” di Chloé Zhao, uno dei film di cui si parlerà agli Oscar (come dell’attrice Frances McDormand). Ha purtroppo ceduto sui i film d’apertura e chiusura, entrambi italiani perché bisogna pur aiutare l’industria nazionale. “Lacci” di Daniele Luchetti non era l’ideale per riportare la gente al cinema: una storia di corna con pretese letterarie e artistiche. “Lasciami andare” lo è ancora meno: sta tra i film – numerosi, perché a tutti si perdona tranne a quelli che ci annoiano – che si guardano pensando: ma nessuno si è accorto che il dramma annunciato si andava sbriciolando in una serie di scene dilettantesche?

 

Aggravante: il film è stato annunciato come se avesse qualcosa in comune con “A Venezia… un dicembre rosso shocking” di Nicolas Roeg, con Julie Christie e Donald Sutherland. Il paragone basterebbe ad ammazzare qualsiasi film, non solo l’opera ultima di Stefano Mordini. Nella tradizione del cinema italiano, siamo in un appartamento veneziano a geometria variabile: ora pare un monolocale, ora si espande a palazzetto. A Venezia c’è l’acqua alta, tutto è grigiastro, Stefano Accorsi gira con il barchino. E’ felice perché Serena Rossi gli ha appena annunciato che è incinta ma sempre un po’ malinconico perché pensa al figlio che aveva con Maya Sansa, morto in un incidente. Entra Valeria Golino, elegante e ingioiellata; così si capisce subito che è cattiva, le buone nel cinema italiano son sempre scarmigliate e con le occhiaie profonde. Su Maya Sansa, il regista e il direttore della fotografia, per non parlare del truccatore e del parrucchiere, hanno infierito malamente: sarebbe stato più semplice recitarlo, il dolore. La ricca signora vorrebbe comprare l’appartamento, ma sente una presenza, e quindi informa i genitori del bambino morto. Già così basterebbe, ma arrivano la lezione sull’attività elettromagnetica, qualche nozione di Fisica quantistica, la seduta spiritica, l’immancabile “Libro tibetano dei morti”.

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