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Venezia 2020

Una lezione sui diritti civili. E un chiodo sulla bara del cinema verità

Mariarosa Mancuso

Dall’America nera e dall’Italia. In mezzo il solito Amos Gitai

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Venezia. Istruzioni per farsi da soli un film di Amos Gitai, israeliano che gira un film all’anno (la media non comprende le installazioni e altri lavori artistici, il teatro, l’insegnamento universitario). Sedersi in un bar di Haifa, con annessa galleria d’arte, a ridosso dei binari – in uso, il treno ogni tanto sferragliando transita. Filmare senza tagli le chiacchiere degli hipster che da lì transitano, per una birra o un corteggiamento. Magari un ricattino (a favore della causa palestinese) al ricco signore che già contribuisce alle mostre fotografiche organizzate dalla giovane consorte. Titolare “Laila in Haifa” – questa è la parte più facile, se non trovate una Laila cambiate il nome. Mandare a un festival, sperare in un premio (incredibile che ancora ci caschino). Non farsi vedere in giro quando gli spettatori escono dalla sala, furiosi.

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Venezia. Istruzioni per farsi da soli un film di Amos Gitai, israeliano che gira un film all’anno (la media non comprende le installazioni e altri lavori artistici, il teatro, l’insegnamento universitario). Sedersi in un bar di Haifa, con annessa galleria d’arte, a ridosso dei binari – in uso, il treno ogni tanto sferragliando transita. Filmare senza tagli le chiacchiere degli hipster che da lì transitano, per una birra o un corteggiamento. Magari un ricattino (a favore della causa palestinese) al ricco signore che già contribuisce alle mostre fotografiche organizzate dalla giovane consorte. Titolare “Laila in Haifa” – questa è la parte più facile, se non trovate una Laila cambiate il nome. Mandare a un festival, sperare in un premio (incredibile che ancora ci caschino). Non farsi vedere in giro quando gli spettatori escono dalla sala, furiosi.

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Regina King ha fatto un po’ più fatica, per girare “Una notte a Miami”. Arriva targato Amazon, e il primo pensiero maligno suggerisce: vediamo un po’ cosa fanno, questi che hanno cacciato Woody Allen (il regista aprirà il Festival di San Sebastian, il 18 settembre, con il suo ultimo film “Rifkin’s Festival”). Regista nera – premio Oscar come non protagonista per il film “Se la strada potesse parlare”, secondo film di Barry Jenkins che debuttò con “Moonlight”. E storia di neri, ambientata nel 1964 a Miami, quando Cassius Clay vinse il titolo mondiale dei pesi massimi battendo Sonny Liston. Il pugile era sul punto di cambiare nome in Muhammad Ali (già era entrato nella Nation of Islam, senza dirlo tanto in giro).

 

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A festeggiarlo, altri eroi della comunità nera: l’attivista Malcolm X, che dalla Nation of Islam invece stava uscendo: divergenze sul potere da prendere, su come prenderlo, sulla paura da mettere ai bianchi. Il cantante soul Sam Cooke, che anticipa il prossimo film Pixar intitolato “Soul” (sarà in sala a novembre). Il campione di football americano Jim Brown, che stava mollando il pallone per il cinema – anche se allora i neri difficilmente arrivavano vivi alla fine del film, per la “blaxploitation”, il genere preso a modello da Quentin Tarantino in “Jackie Brown” arriva negli anni 70.

 

Kemp Powers aveva ricostruito la fatale serata in un testo teatrale del 2013. Con più gusto per ideologia che per il realismo: bevono poco e paiono riuniti in assemblea. Non sono uomini ma parti in commedia. Il film è stato applauditissimo, come se gli spettatori smaniassero per una lezione (tempestiva, va detto) sui diritti civili. Per vedere attori bravissimi (degni però di un copione meno schematico) dibattere sui temi in agenda. “Se guadagno tanti soldi e i bianchi ascoltano le mie canzoni, non ho già vinto la mia battaglia?” “Bisogna invece restare poveri e iscriversi alla setta islamica militante?” (molto meglio “Wakanda Forever”, l’omaggio di Tilda Swinton a Chadwick Boseman).

 

“Perché un bianco come Bob Dylan (per miracolo non aggiungono “ebreo”) ha scritto Blowin’ in the Wind e voi neri che avete tanto sofferto vi perdete in motivetti d’amore?” (lo chiede Malcolm X, che sta scrivendo l’autobiografia). Fuori concorso, altre donne non si potevano aggiungere – avremmo scoperto che i maschi sono rimasti a casa in attesa di migliori occasioni.

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Tra chi non ha rinunciato a Venezia, Gianfranco Rosi con “Notturno” (nelle sale da oggi, ne riparliamo sabato). Per grazia ricevuta, dopo il Leone d’oro vinto nel 2013 con “Sacro GRA”. Nel turbolento medio oriente, lo stile non cambia. Tutto viene ricostruito, con lentezza. Pensatelo come un chiodo sulla bara del cinema verità.

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