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un muro davanti al red carpet. Geniale!

Venezia 77 parte col documentario sul Covid in Laguna, di cui potevamo fare a meno

Mariarosa Mancuso

Nella “mostra che non si poteva non fare”, come ha detto Alberto Barbera, resiste il rito della preapertura. Oggi si inizia per davvero con “Lacci” di Daniele Luchetti

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Giorno zero, alla Mostra del cinema “che non si poteva non fare” (lo ha detto il direttore Alberto Barbera). In attesa di constatare se davvero sarà così – se, tra distanziamenti e mascherine e termometri, vedremo film che non si potevano non vedere – resiste il rito della preapertura. Non ricordiamo più chi l’abbia inventato (però siamo certi di non aver mai visto niente del genere a Cannes). Da qualche anno viene osservato con scrupolo, in genere con pellicole d’epoca restaurate: c’è stato Maciste e c’è stato il nudo bucolico di Hedy Lamarr.

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Giorno zero, alla Mostra del cinema “che non si poteva non fare” (lo ha detto il direttore Alberto Barbera). In attesa di constatare se davvero sarà così – se, tra distanziamenti e mascherine e termometri, vedremo film che non si potevano non vedere – resiste il rito della preapertura. Non ricordiamo più chi l’abbia inventato (però siamo certi di non aver mai visto niente del genere a Cannes). Da qualche anno viene osservato con scrupolo, in genere con pellicole d’epoca restaurate: c’è stato Maciste e c’è stato il nudo bucolico di Hedy Lamarr.

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Quindi preapertura è stata, ieri sera, con un film d’occasione (l’etichetta non ha nulla di offensivo, serve a capirsi). Oggi toccherà all’inaugurazione vera, con “Lacci” di Daniele Luchetti. Sono attesi vari colleghi direttori di festival, così imparano a destreggiarsi nell’epoca del Covid. Una bella parata, ma avremmo preferito vedere sfilare i film; per esempio quelli con il bollino Cannes, scartati a priori perché a dispetto dei sorrisi e delle strette di mano la competizione rimane.

 

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L’occasione per il film – manco a dirlo – era Venezia deserta per il coronavirus. Andrea Segre si trovava tra le calli, quando scattarono il divieto di spostarsi e l’obbligo di autocertificarsi. Accantonò il progetto su “turismo e acqua alta”, pensato a ridosso della grande piena di novembre. Prese a filmare Piazza San Marco senza turisti e il canale della Giudecca senza moto ondoso. Proprio le immagini già viste durante i telegiornali, più di una volta – pure mentre eravamo in lutto per il mancato Festival di Cannes. L’ultima cosa che avremmo voluto vedere al Lido: dopo mesi a stecchetto, era il momento per scatenare la fantasia, non per propinare agli spettatori un documentario. Possono essere meravigliosi, non è questione di genere, ma ne esistono di molto noiosi. Per accidente (quando riescono male) o per partito preso.

 

“Molecole” – di questo il padre del regista si occupava – appartiene alla seconda categoria. E’ desolatamente lento, tutto preso dalla mistica della laguna e della nebbia, pure della pesca. “Imparo sempre qualcosa di nuovo pescando”, spiega l’anziano a bordo della sua barchetta, e lo spettatore pensa “ma beato lui, fortunatissimo, non gli capiterà mai di andare al cinema e di vedere documentari come questo”. A corredo, un proverbio cinese secondo cui “chi si sposa è felice per una settimana, chi ammazza il maiale è felice per un mese, chi impara a pescare ha davanti una vita di felicità”.

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Tra tanta saggezza anche la vogatrice che in inglese insegna la voga ai turisti – e forse qualcosa da raccontare l’avrebbe pure avuta – dice la sua verità: “Il moto lo fanno le barche, guarda come è calmo adesso”. Per fortuna dura settanta minuti soltanto, ribadendo puntualmente che “il mare difende e minaccia, è fonte di vita ma può dare la morte”. Uscirà al cinema giovedì, per gli amanti del genere. Gli altri si chiedono se con gli stessi soldi non si poteva fare qualcosa di meglio e di più interessante, pur nella banalità della cornice.

 

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Mentre scriviamo, ci avvertono che per poter accedere alle prenotazioni (online) c’è una coda (online) stimata attorno ai 19 minuti. Già, perché causa coronavirus e relativi tracciamenti bisogna prenotarsi per ogni proiezione, 72 ore prima dell’inizio (precise, quindi non vale prenotarli tutti insieme). Addio al divertimento festivaliero numero uno: uscire dai film noiosi, se non obbligatori perché in concorso, e cercare film interessanti in sezioni parallele.

 

Davanti al red carpet hanno alzato un muro, così gli attori non si vedono e la gente non si assembra per il selfie o l’autografo (geniale, no?). In abito da sera, avanzeranno distanziati per dare il buon esempio. In sala siamo seduti lontani, quindi niente più fronda e niente più commenti. Finirà che avremo nostalgia dei cinefili duri e puri che furiosi ci zittivano, quando vedendo certi film partiva la ridarola.

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