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Festival gender neutral

Mariarosa Mancuso

Alla Berlinale niente più differenze tra maschi, femmine, trans. Inclusione sarà fatta, il cinema ne uscirà malconcio

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E’ un peccato non avere la sfera di cristallo per sapere cosa succederà, basterebbe da qui a dieci anni. Per sapere come verranno assegnati i premi per la recitazione alla Berlinale. Dall’anno prossimo, ci sarà una sola categoria. Vuol dire che i giurati non faranno più differenze tra attori maschi, attrici femmine, trans, e il territorio circostante – impervio e forse non ancora del tutto esplorato – che per non offendere nessuno si chiama “non binary” (forse un po’ comunque offende, presupponendo una distinzione binaria da cancellare). Ci sarà un protagonista che andrà a casa con l’Orso d’oro e un non protagonista che andrà a casa con l’Orso d’argento.

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E’ un peccato non avere la sfera di cristallo per sapere cosa succederà, basterebbe da qui a dieci anni. Per sapere come verranno assegnati i premi per la recitazione alla Berlinale. Dall’anno prossimo, ci sarà una sola categoria. Vuol dire che i giurati non faranno più differenze tra attori maschi, attrici femmine, trans, e il territorio circostante – impervio e forse non ancora del tutto esplorato – che per non offendere nessuno si chiama “non binary” (forse un po’ comunque offende, presupponendo una distinzione binaria da cancellare). Ci sarà un protagonista che andrà a casa con l’Orso d’oro e un non protagonista che andrà a casa con l’Orso d’argento.

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Un impulso irresistibile fa riaffiorare dallo sprofondo della memoria la frase di Dino Risi: “Il cinema è una donna nuda e un uomo con la pistola”. Ecco, l’abbiamo scritto e ora saremo dannati per sempre. A nulla sarà servita la lettura della newsletter “Them”, che ci tiene aggiornati su tutto quanto è queer – al momento il sito non ha commentato la notizia, mentre fornisce la lista dei queer movie da vedere in streaming questo mese. “They” sarebbe infatti il pronome corretto – e plurale – per riferirsi a persone non binarie. Per esempio, Asia Kate Dillon (e il suo personaggio) nella serie “Billions”.

 

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Sarebbe bello sapere cosa succederà. Se saranno premiati uno dopo l’altro dieci attori maschi, oppure se saranno premiat* dieci trans di seguito (l’asterisco è perché non vorremmo essere accusati di trascurare le femmine prigioniere di corpi maschili a favore dei maschi prigionieri di corpi femminili). Nel primo caso assisteremo alla solita fregatura dei maschi pigliatutto, magari preceduta dal solito e fintissimo discorsetto: “Vinca il migliore, non è che bisogna mettere le quote, mica siete panda, è giusto che ognuno combatta in campo aperto”. Nel secondo caso, i dieci prossimi orsi berlinesi andranno ai registi che hanno avuto l’accortezza di raccontare una storia trans (o queer, o non binary) con un trans (o queer, o non binary) a recitarla.

 

Inclusione sarà fatta, a spese del cinema che ne uscirà malconcio – e di una noia mortale. Nessuno oserà più raccontare la storia di un ragazzo che si innamora di una ragazza, entrambi pacificamente cisgender (chi non ha conflitti con il suo genere sessuale). Vedendo così allontanarsi i premi della Berlinale, e degli altri festival che seguiranno l’esempio. Speriamo nessuno.

 

Si porrà un altro problema. Proclamata la novità, e dopo essersi appuntati sul petto la medaglietta, vedremo come se la caveranno con il 50/50 by 2020: il protocollo, firmato dai principali festival, che entro quest’anno avrebbe dovuto raggiungere la parità tra maschi e femmine. Tra i registi in concorso, tra i selezionatori, tra gli organizzatori. Siamo parecchio indietro, tranne che alla prossima Mostra di Venezia, dove le registe sono tante perché i maschi si sono tirati indietro. E non esiste ancora un protocollo di precedenze, da usare quando due o più buone intenzioni cozzano tra loro (lavoro per i filosofi, Giulio Giorello ci si sarebbe divertito).

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Faremo finalmente un festival “gender neutral” annunciano i direttori Carlo Chatrian e Mariette Rissenbeek. Come se fosse un gran risultato, paragonabile all’impronta carbonica zero, o alla tazza riciclabile per il caffè regalata ai giornalisti qualche anno fa. Avremo un premio in meno da commentare. Un attore in meno (attrice, qui mettete voi quel che fa al caso) da premiare. Un ricordo sempre più vago di quando i festival celebravano la diversità.

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