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Poster di nuovi film che sembrano vecchi. E nessun colpo di tosse in sala

Mariarosa Mancuso

Più venditori di popcorn che spettatori, riferisce chi ha azzardato il ritorno al cinema

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Eravamo alla Berlinale, dove le sale fanno sempre il tutto esaurito. Agli spettatori si chiede di alzare la mano se hanno un posto vuoto accanto. Un giovanotto dai tratti orientali avanzò tossicchiando per decidere dove sedersi, fra tre poltrone disponibili. Brivido, allora l’epidemia era solo cinese. Non siamo più entrati in un cinema da quel dì, né a un festival né altrove. E del resto non c’era niente da vedere.

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Eravamo alla Berlinale, dove le sale fanno sempre il tutto esaurito. Agli spettatori si chiede di alzare la mano se hanno un posto vuoto accanto. Un giovanotto dai tratti orientali avanzò tossicchiando per decidere dove sedersi, fra tre poltrone disponibili. Brivido, allora l’epidemia era solo cinese. Non siamo più entrati in un cinema da quel dì, né a un festival né altrove. E del resto non c’era niente da vedere.

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Hanno fatto l’esperienza altri coraggiosi, la raccontano sul Guardian. “Coughing” – tosse – era una delle caselle da riempire, assieme alle prime impressioni, alle misure di sicurezza, al numero di spettatori oltre al cronista, tutti più o meno immischiati con il cinema e quindi in astinenza come noi. “Un colpo di tosse soltanto, il mio, ma era coperto dal rombo degli Spitfire”, riferisce John Beasdale che ha visto (rivisto, più probabilmente) “Dunkirk” di Cristopher Nolan in una multisala a Treviso. C’erano più venditori di popcorn che spettatori, riferisce. Gli spacciatori di granturco soffiato erano due.

 

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“Violenti colpi di tosse, ma solo nel film”, rende noto lo spettatore di Ambleside, Cumbria – nel distretto dei laghi dove andavano i poeti a cercare ispirazione, per chi ha imparato la geografia sui manuali di letteratura. Era andato al cinema per vedere (rivedere, più probabilmente) “Parasite” di Bong Joon-Ho. Assieme a lui, una decina di persone libere dalle mascherine dopo l’inizio del film. Forse se le sono precipitosamente rimesse sul naso alla battuta “hanno tutti lo stesso odore”: una famiglia più che miserabile si infiltra in casa a servizio di ricchi coreani, e rischiano così di farsi riconoscere.

 

“La solita tossetta nervosa quando si spengono le luci” riferisce Phil Hoad che a Nyon è andato a vedere “Born in Jerusalem and Still Alive”. Un film nuovo – era ora – diretto da Yossi Atia e David Ofek. Il primo organizzava passeggiate per Gerusalemme, dal luogo di un attentato all’altro: se sei nato lì e ci abiti, può essere saltato in aria il bar in cui bevevi la birra o l’angolo di strada dove hai dato il primo bacio (il bus che ti portava a scuola non conta, gli attentati erano troppo frequenti). Quanto alla tossetta nervosa, non avete idea di cosa si scatena a Cannes, quando uno spettatore tossisce e gli altri nervosamente lo imitano.

 

“In Francia le sale sono aperte da tre settimane, escono film nuovi ma non riconosco né titoli né attori”, lamenta Phil Hoad che pure è del mestiere. Figuriamoci quanto si sentirà invogliato ad andare al cinema lo spettatore non professionista. Tutti dicono di aver guardato con tristezza i poster con le nuove uscite alle pareti, paiono di un’altra epoca e in effetti lo sono. Per dire: “Mulan” andrà direttamente in streaming, alla favolosa cifra di trenta dollari più i sette mensili che servono per l’abbonamento a Disney+. Sul divano di casa potete tossire quanto vi pare, e far pagare un obolo ai congiunti vicini e lontani per ammortizzare l’investimento. Se poi chiedete una monetina per l’uso del bagno, sappiate che nei cinema del Belgio funziona così da sempre.

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