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A Hollywood spunta il vademecum per un cinema "inclusivo"

Mariarosa Mancuso

Una lettera aperta firmata da 125 produttori indipendenti non bianchi vuole fare pressione per sradicare il razzismo: mai prima d'ora il cinema era stato inteso come una bacchetta magica per educare le masse

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I cinema italiani hanno riaperto – non tantissimi, la maggior parte richiede personale sproporzionato rispetto ai pochi biglietti vendibili – e sembra il mondo alla rovescia. I film nuovi escono sulle piattaforme streaming. Le sale mettono in cartellone titoli che gli spettatori hanno già potuto vedere online. Per sperare in qualcosa di nuovo bisogna aspettare il 22 luglio, se confermeranno l’uscita del Pixar-movie “Onward – Oltre la magia”. L’appuntamento (mondiale) del 17 luglio con “Tenet” di Christopher Nolan è slittato a fine luglio. Da noi arriverà il 3 agosto, segnando la ripartenza vera.

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I cinema italiani hanno riaperto – non tantissimi, la maggior parte richiede personale sproporzionato rispetto ai pochi biglietti vendibili – e sembra il mondo alla rovescia. I film nuovi escono sulle piattaforme streaming. Le sale mettono in cartellone titoli che gli spettatori hanno già potuto vedere online. Per sperare in qualcosa di nuovo bisogna aspettare il 22 luglio, se confermeranno l’uscita del Pixar-movie “Onward – Oltre la magia”. L’appuntamento (mondiale) del 17 luglio con “Tenet” di Christopher Nolan è slittato a fine luglio. Da noi arriverà il 3 agosto, segnando la ripartenza vera.

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Il cinema americano deve vedersela con le rivolte dei neri, scatenate dalla morte di George Floyd. Stavolta non sarà facile come all’Oscar, quando partì la campagna #oscarsowhite. Era il 2015, l’anno prima – per la cronaca – aveva vinto “12 anni schiavo” di Steve McQueen: così realistico nelle frustate, con brandelli di carne strappati, da rasentare il torture porn. Deadline ha pubblicato una lettera aperta firmata da 125 produttori indipendenti non bianchi, si definiscono Black and Brown. Intendono fare pressione su Hollywood, per sradicare il razzismo, negli Stati Uniti e nel mondo. Il momento è propizio, aggiungono. E compilano la loro ricetta in quattro punti.

 

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Primo: cancellare dal vocabolario la frase “E’ robetta”. Detto di una storia che riguarda, appunto, “i neri e i marroni” (se lo dicono da soli, chi ha idee migliori sulla traduzione si faccia avanti). Storie che non hanno un protagonista bianco, e non possono contare su un cast di attori che incassano al botteghino. Secondo: fare lavorare sceneggiatori e registi non bianchi: i produttori indipendenti che vorrebbero farlo vengono dissuasi, e i progetti si accumulano nel cassetto. Terzo: allargate l’orizzonte. E’ dal 2017 che nella lista di Variety “Produttori da tenere d’occhio” non compare un produttore nero (i marroni evidentemente sono ancora più indietro). Così si aiutano le carriere dei professionisti che hanno meno bisogno di essere aiutati, sostengono i firmatari – e qui si capisce che “inclusione” significa diritti, ma anche posti di lavoro e progetti finanziati. Quarto (rivolto agli attori, agli agenti, ai professionisti sul set): siate più esigenti. Se non c’è un direttore della fotografia nero, o un produttore nero – i marroni sono di nuovo dimenticati – rifiutate l’incarico. Più facile a dirsi che a farsi: i lavoratori dello spettacolo sono strutturalmente precari.

 

Solo così, concludono, potremo “mostrare la nostra gioia, il nostro dolore, la nostra paura, la nostra storia, il nostro orgoglio”. Tutte cose che Hollywood finora ha soffocato, quindi i bianchi hanno continuato tranquillamente a coltivare il loro razzismo. Mai si era vista o sentita una simile fiducia nel potere del cinema, inteso come bacchetta magica per educare le masse.

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