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Audrey o mamma Papera?

Mariarosa Mancuso

Davvero preferite le paperelle in piazza di Spagna al party di “Colazione da Tiffany”? Noi, no

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Bella la mamma papera con le figlie papere che attraversano la strada, sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine per un attimo sottratte al controllo delle autocertificazioni. Belle le papere che sguazzano nella fontana di piazza di Spagna. Sempre che non siano deep fake – anche l’ecologia ha il suo lato porno, giusto usare le stesse tecniche. Solo che le papere zampettano meglio in campagna. Non hanno bisogno della città eterna né della scalinata di Trinità dei Monti. Noi sì.

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Bella la mamma papera con le figlie papere che attraversano la strada, sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine per un attimo sottratte al controllo delle autocertificazioni. Belle le papere che sguazzano nella fontana di piazza di Spagna. Sempre che non siano deep fake – anche l’ecologia ha il suo lato porno, giusto usare le stesse tecniche. Solo che le papere zampettano meglio in campagna. Non hanno bisogno della città eterna né della scalinata di Trinità dei Monti. Noi sì.

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Davvero preferite le paperelle cittadine al party di “Colazione da Tiffany”? Vi pare uno scambio ragionevole? Un guadagno, addirittura? (lo diciamo nel caso qualche scellerato sostenitore della decrescita felice non sia riuscito a scappare, e sia costretto in quarantena con questa rubrica). La festa in casa di Holly Golightly non rispetta i minimi requisiti di distanziamento sociale. Sembrava già affollata prima del coronavirus. Guardata adesso è un delirio.

  

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Il cappello di una signora prende fuoco a distanza di bocchino, Holly-Audrey Hepburn fuma e non se ne accorge. Un altro ospite – per via di uno spintone – rovescia un bicchiere di qualcosa sul cappello, e spegne l’incendio. Gran scambio di bicchieri. Uno, con i cubetti di ghiaccio dentro, viene appoggiato sulla schiena nuda di un’invitata. L’appartamento sembra già pienissimo, quando si presenta un fattorino con un’altra cassa di beveraggi (prima di posarla in cucina si struscia con tutti). Il gatto evita la foresta di tacchi a spillo salendo in cima agli scaffali.

   

Le paperelle in città non ci risarciranno per la perdita delle feste affollate, e per il fatto che ormai “Colazione da Tiffany” sembra “Typhoid Mary”, la cuoca che portò il tifo nelle case newyorchesi dove lavorava, all’inizio del secolo scorso (i padroni si ammalavano, le scrivevano una bella lettera di referenze, il contagio ricominciava da un’altra parte). Messo in quarantena il film di Blake Edwards (speriamo per poco, si rivede sempre volentieri) resta il magnifico romanzo di Truman Capote. Lui però – per dire quanto uno può sbagliarsi sul proprio lavoro, e per misurare la distanza tra i romanzi e il cinema – nella parte di Audrey Hepburn voleva Marilyn Monroe.

  

Leggendo il romanzo prendiamo nota una volta per tutte della distinzione tra malinconia (“è quando si diventa grassi o quando piove da troppo tempo”) e le paturnie: “Quando si ha paura, ma non sappiamo di cosa, e vengono i sudori freddi; sentiamo che sta per accadere qualcosa di brutto, ma non sappiamo cosa”. Quando ha le paturnie, Holly va a farsi un giretto dentro alla gioielleria Tiffany: “Mi calma subito, non può capitare niente di brutto là dentro”. A noi, per dire, faceva lo stesso effetto il Festival di Cannes. Provate a ciondolare in un negozio, di questi tempi, se ne avete il coraggio.

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Belle le papere. Ma qua il coronavirus sta impallinando a una a una tutte le cose che ci piacciono. Nel mucchio, povero lui, finiscono anche Peter Sellers e “Hollywood Party”: altro film di Blake Edwards, altra ammucchiata da ridere. Con le lacrime.

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