PUBBLICITÁ

Se "Deserto Rosso" incontra "Avengers" vien voglia di scappare

<p>Le influenze di Antonioni nel nuovo film della saga Marvel, che chiude un ciclo, tirando le somme di un universo cinematografico lungo oltre venti titoli</p>

Mariarosa Mancuso
PUBBLICITÁ

“Michelangelo Antonioni è uno dei nostri registi preferiti, l’abbiamo preso a modello per certe scene di ‘Avengers: Endgame’, gli ambienti riflettono la temperatura emotiva delle scene”. Quando “Deserto rosso” si mischia con i supereroi – e non una storia qualunque, con un giustiziere mascherato e basta: il film che chiude un ciclo, tirando le somme di un universo cinematografico lungo oltre venti titoli – lo spettatore ha voglia di scappare. Oppure, come il Fantozzi scritto da Paolo Villaggio insegna, di “piangere in silenzio, nella sua cameretta”. Renitente all’idea di sottoporsi a tre ore di film, tante ne servono per annodare i fili dell’Universo Marvel. E, facciamoci forza, a ripartire da capo per nuove avventure.

PUBBLICITÁ

  

Gli incassi di “Avengers: Endgame” sono stratosferici, il film diretto dai fratelli Anthony e Joe Russo – sono loro i cultori dell’incomunicabilità cinematografica applicata ai blockbuster – si avvia a battere tutti i record. Secondo una favoletta che comincia a ricordare l’inganno di Babbo Natale, il surplus potrebbe finanziare film più interessanti e a basso budget. E magari lanciare qualche nuovo regista: da un bel po’ non vediamo spuntare all’orizzonte qualcosa di davvero interessante. Come fu Tarantino con “Pulp Fiction”, per fare l’ultimo esempio pervenuto e festeggiare i 25 anni trascorsi dalla Palma d’oro vinta a Cannes.

 

PUBBLICITÁ

Il capitolo precedente – “Avengers: Infinity War”, uscito l’anno scorso – aveva avvertito che la guerra del bene contro il male non sarebbe stata un blitz. Non era in gioco soltanto il nostro mondo: il perfido Thanos, conquistate le pietre multicolori del comando – insomma, le Gemme dell’Infinito – ne approfitta per un gesto che visto con gli occhi di Greta risulta altamente ecologico. Fa fuori metà della popolazione universale, riducendo a metà inquinamento e impronta carbonica. Nel mucchio finisce pure qualche supereroe, lasciando gli altri tristi e sfaccendati, qualcuno con tendenza alla pinguedine. A cosa serve avere i superpoteri se poi non riesci a cavartela sempre e comunque?

 

Da qui si riprende. Con un classico “che fare?” (intanto i supereroi sopravvissuti sfogano le loro paturnie con battutine non sempre super). Ideona: torniamo indietro nel tempo, e salviamo gli amichetti che non ce l’hanno fatta. Insegnano la strada “Ritorno al futuro” e “Terminator”, assieme ai deliri sul Regno Quantico che avevano allietato il molto autoironico “Ant-Man & The Wasp”. Qui oltre alle sfumature di Michelangelo Antonioni vengono buoni gli effetti speciali, gli stessi che stanno rallentando la post-produzione di “Irishman” by Martin Scorsese: gli attori vanno ringiovaniti, a volte brutalmente. In quota #MeToo, oltre a Scarlet Johansson-Black Widow, il film sfoggia (l’inutile e non troppo simpatica) Brie Larson-Captain Marvel.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ