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Basterà un Moviement per portare gli italiani al cinema tutto l'anno?

<p>In cosa consiste il progetto che sotto un logo rossobl&ugrave; da supereroi ha messo insieme l&rsquo;intera filiera del cinema italiano</p>

Mariarosa Mancuso
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Un piano triennale. Il più gran cambiamento di sempre. Non sono parole che rassicurano. Vuoi per la somiglianza con i disastrosi piani quinquennali sovietici. Vuoi per gli esiti del tanto sbandierato cambiamento politico. Però siamo persone fiduciose, e quando uno spot ambientato nella sorella povera di Gotham City si rivolge a chi “freme per vedere grandi film”, non possiamo tirarci indietro. Per fremere si freme, è dopo che le delusioni bruciano.

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La rivoluzione si chiama Moviement. Sotto un logo rossoblù da supereroi ha messo insieme l’intera filiera del cinema italiano. A noi la parola non piace, ma siccome bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo, dimostrando che il sistema è integrato, la usiamo per capirci. Distribuzione, produzione, esercizio, istituzioni, “talent” (che in Italia è diventato sinonimo di “attore o attrice”, il testimonial alla conferenza stampa di presentazione era Pif), l’Accademia del cinema italiano che assegna i David di Donatello, e sotto la direzione di Piera Detassis ha rinnovato la giuria.

 

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Obiettivo: far funzionare le sale cinematografiche per dodici mesi all’anno, cancellando il disastroso calendario che abbiamo patito negli ultimi anni. Anche decenni. Solo che quando gli incassi erano sostanziosi, e non c’era lo streaming aperto 24 ore su 24 (“abbiamo come rivale soltanto il sonno” disse un boss di un’importante piattaforma a cui non faremo pubblicità, come usavano dire nei programmi Rai), il problema non era granché sentito.

 

Erosione dopo erosione, affollamento dopo affollamento, la situazione fino all’altro ieri era così configurata: accumulo di titoli a Natale (bei tempi quando il cinepanettone era uno o al massimo due), scaramucce per uscire a San Valentino, e poi desolanti settimane che vedono l’uscita – tecnica, perlopiù – di oltre dieci titoli ogni settimana (a marzo erano 56, ad aprile saranno 46, fatevi i conti). Maggio con qualche guizzo, causa Festival di Cannes. E poi zona morta fino a settembre, quando la Mostra di Venezia dà una scossa rinvigorente.

 

Quest’anno no. Quest’anno si cambia. I cinema resteranno aperti e i grandi film usciranno in contemporanea con gli Stati Uniti. Quante volte l’avete sentita? Noi abbiamo perso il conto – ma restiamo fiduciosi, speriamo sia la volta buona per il “cambiamento epocale” (anche epocale è abbastanza sinistro, a guardar bene). Ci saranno gli incentivi pubblici, naturalmente. Sennò sembra non ci sia verso di spingere lo spettatore italiano a vedere “Stanlio & Ollio”, o “I fratelli Sisters”, film divertenti e non proprio di nicchia. Non somigliano per niente a “The Golden Glove” di Fatih Akin, che alla Berlinale ha fatto fuggire anche i cinefili incalliti (altra grande promessa estiva). Noi aspettiamo “Toy Story 4”, anche se al bambino Andy hanno cambiato i connotati.

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