Il Vaticano ribalta la Chiesa americana

Durissima lettera dell'ex Sant'Uffizio ai vescovi degli Stati Uniti: “Aborto ed eutanasia non sono peccati più gravi degli altri”. Sepolto il wojtylismo

Matteo Matzuzzi

La chiesa americana è arrivata alla resa dei conti e l’attivismo dell’attuale vertice, non troppo gradito a Roma, accelererà quel cambiamento considerato inevitabile. E l'arcivescovo di Washington si dice pronto a dare la comunione a Biden

E’ un altolà severo quello che il cardinale prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, Luis Ladaria, ha intimato al presidente della Conferenza episcopale americana, mons. José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles. Volete negare la comunione ai rappresentanti politici abortisti e non contrari all’eutanasia? Non potete. E’ questo il cuore della lettera, cortese ma chiara, che Roma ha spedito oltreoceano. Gómez, a fine marzo, aveva fatto sapere a Roma che era imminente la pubblicazione di un documento “sulla dignità di ricevere la comunione”. L’obiettivo, neppure troppo celato, era il presidente Joe Biden, cattolico praticante, più volte ripreso a sgranare il Rosario, ma pro choice. E insieme a lui buona parte della leadership democratica, a cominciare dalla speaker Nancy Pelosi. Già lo scorso 20 gennaio, mentre Biden s’insediava alla Casa Bianca, mons. Gómez pubblicava una Nota in cui ricordava al secondo presidente cattolico nella storia americana che la collaborazione e la convivenza con chi sostiene aborto, eutanasia, gender e matrimonio tra persone dello stesso sesso sarebbe stata complicata. Il comunicato del numero uno dei vescovi statunitensi veniva subito biasimato su Twitter dal cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, interlocutore prediletto di Papa Francesco in terra americana e in odore di promozione a Roma.

 

Cupich denunciava l’irritualità del gesto del confratello (definendolo “sconsiderato”) e il fatto che il contenuto del comunicato non fosse stato discusso con nessuno. Subito, a confermare l’estrema polarizzazione dell’episcopato americano, i vescovi si schieravano chi con Cupich chi con Gómez,  abusando dei social network per i rispettivi endorsement e rendendo quindi palese  la spaccatura. Il Vaticano chiarisce ora che anziché pensare alle scomuniche sarebbe utile praticare il dialogo con tutti, anche con chi non è proprio conforme alla dottrina. Discutere e confrontarsi, innanzitutto all’interno della conferenza episcopale e poi con Roma. Niente fughe in avanti, dunque, né colpi di testa. E comunque – ed è questo il punto rilevante della missiva firmata dal prefetto Ladaria (che nella narrazione mediatica  è  ascritto alla categoria degli ultraconservatori quando si tratta di dire no alla benedizione delle coppie gay e diventa un  liberal quando si oppone alla linea battagliera dei vertici dell’episcopato americano) – “sarebbe fuorviante se si desse l’impressione che l’aborto e l’eutanasia costituiscano le uniche gravi questioni della dottrina morale e sociale cattolica che richiedono il massimo livello di responsabilità da parte dei cattolici”. Ecco il punto: Ladaria non inventa nulla, semplicemente ricorda che il Papa già cinque anni e mezzo fa aveva chiarito (nella cattedrale di Washington) che il tempo delle guerre croce in mano per l’affermazione dei cosiddetti valori non negoziabili era finita. Un’epoca morta e sepolta. L’aveva detto e ribadito prospettando un ricambio drastico dell’orientamento episcopale statunitense: via i vescovi rimasti alle culture war, dentro nuovi presuli con l’odore delle pecore. E’ il ritorno alla stagione pre wojtylana, quella in cui la chiesa americana era tra le più liberal del pianeta e il suo mentore, il cardinale Joseph Bernardin, nel 1983 alla Fordham University disse che “quelli che difendono il diritto alla vita dei più deboli tra noi devono essere altrettanto visibilmente impegnati nel supporto della qualità della vita dei più fragili tra noi: l’anziano e il giovane, l’affamato e il senzatetto, l’immigrante senza permesso e il disoccupato. (…) Coerenza complessiva significa che non si può essere ambivalenti in materia”. L’ospedale  da campo bergogliano ante litteram, insomma. Quella linea, ora, torna ad affermarsi dopo la lunga stagione segnata dal conservatorismo muscolare e dalle battaglie culturali che hanno segnato un ventennio di vicende ecclesiastiche. 

 

La congregazione per la Dottrina della fede raccomanda toni bassi e prudenza. Non è il tempo delle contrapposizioni, va preservata a ogni costo l’unità della chiesa e dell’episcopato. Il cardinale Ladaria ricorda poi che “ogni affermazione della conferenza episcopale riguardante leader politici cattolici dovrebbe essere contestualizzata nel più ampio spettro della dignità di ricevere la comunione da parte di tutti i fedeli anziché da parte di una sola categoria”. Mons. Gomez aveva chiesto all’ex Sant’Uffizio di rendere pubblica la nota che l’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto, aveva inviato nel 2004 alla presidenza dei vescovi americani circa la possibilità di negare la comunione ai politici cattolici dichiaratamente pro choice. Nella lettera, Ratzinger pur condividendo la preoccupazione dei settori più conservatori, avallava la linea del “giudizio prudenziale” sulla materia, riconoscendone l’estrema delicatezza. Valutare bene, caso per caso, senza spirito da crociata. L’allora presidente della Conferenza episcopale era il liberal Wilton Gregory, che molti anni dopo Papa Francesco avrebbe promosso arcivescovo di Washington.  E in questa veste si è già detto del tutto disponibile a dare la comunione a Joe Biden. La chiesa americana è arrivata alla resa dei conti e l’attivismo dell’attuale vertice, non troppo gradito a Roma, accelererà quel cambiamento considerato inevitabile.