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Chiesa vs partito di Dio

Matteo Matzuzzi

Hezbollah e i vescovi maroniti se le danno di santa ragione. Benzina sul fuoco nel Libano che cade a pezzi

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Roma. È senza precedenti l’attacco che il quotidiano al Akhbar, legato a doppio filo con Hezbollah, ha sferrato al patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï. Non è stata gradita, ai piani alti del Partito di Dio, l’omelia tenuta domenica scorsa da Raï, durante la quale ha non solo auspicato un’inchiesta internazionale per far luce sull’esplosione al porto di Beirut d’inizio agosto ma ha anche accusato di manovre “politiche” chi la sta impedendo. Tutto ciò, ha aggiunto il patriarca, è finalizzato a “riportare il Libano allo stato di isolamento nel quale si trovava prima della tragedia del porto e di contrastare le iniziative di alti funzionari internazionali a suo favore”.

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Roma. È senza precedenti l’attacco che il quotidiano al Akhbar, legato a doppio filo con Hezbollah, ha sferrato al patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï. Non è stata gradita, ai piani alti del Partito di Dio, l’omelia tenuta domenica scorsa da Raï, durante la quale ha non solo auspicato un’inchiesta internazionale per far luce sull’esplosione al porto di Beirut d’inizio agosto ma ha anche accusato di manovre “politiche” chi la sta impedendo. Tutto ciò, ha aggiunto il patriarca, è finalizzato a “riportare il Libano allo stato di isolamento nel quale si trovava prima della tragedia del porto e di contrastare le iniziative di alti funzionari internazionali a suo favore”.

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Il cardinale – ed è questo il passaggio più delicato del suo intervento – aveva anche detto che è venuto il momento di “perquisire tutti i depositi di armi dislocati in modo illegale nel cuore dei quartieri residenziali, nelle città e nei villaggi”. Troppo, per Hezbollah. Da qui l’editoriale di al Akhbar, che ha accusato il principale esponente della chiesa maronita di “promuovere la pace con il nemico” israeliano, manifestando l’intenzione di aderire “alla propaganda israeliana contro la resistenza”. Raï, che non è uno sprovveduto, sapeva benissimo cosa stava dicendo e a cosa sarebbe andato incontro.

 

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In un Libano già devastato e diviso basta poco per gettare benzina sul fuoco, e accusare di collaborazionismo con il nemico israeliano il capo della chiesa maronita da un lato non fa altro che alimentare il caos, dall’altro porta alla luce la fragilità di un sistema che non regge più. I vescovi libanesi non hanno perso tempo e – rincarando la dose – hanno risposto alle accuse mosse contro il cardinale, scrivendo in una Nota che “invece di accusare abusivamente il patriarca, le cui informazioni disponibili non danno adito a dubbi di alcun tipo, consigliamo a questo giornale di verificare e indagare sulla parte in cui si raccontano i depositi di armi ed esplosivi nei quartieri residenziali e fra i civili. Perché è fra questi che, in realtà, si nasconde il nemico”. E comunque, scrivono i vescovi, “non siamo rimasti sorpresi dai titoli odiosi e ingiusti di oggi del quotidiano al Akhbar, che ancora una volta ha attaccato le figure religiose e patriottiche più importanti del Libano”.

  

Dopotutto, chiosa il comunicato, il cardinale non ha fatto altro che ripetere quanto già detto in altre occasioni, e cioè che “oggi il Libano ha bisogno più che mai di pace per recuperare le sue forze, noi ne abbiamo abbastanza di guerre, di combattimenti e di conflitti che, peraltro, nessuno di noi aveva mai voluto”. Negli ultimi giorni, stando a quanto hanno riferito i media libanesi citando fonti interne a Hezbollah, il partito di Hassan Nasrallah avrebbe chiarito di non avere alcuna intenzione, soprattutto in questa fase così delicata per il paese, di andare allo scontro aperto con il clero maronita.

 

Anche perché i rischi sono due: innanzitutto una polemica aperta e prolungata con il cardinale Raï indebolirebbe ulteriormente la presidenza del cristiano Michel Aoun (alleato del Partito di Dio), in secondo luogo non si vuole tornare al 1975 con lo scontro aperto, poi divenuto guerra civile, tra i cristiani e i musulmani sciiti. Dal patriarcato di Antiochia si conferma che le porte sono aperte a tutti quando cercano il dialogo, purché rispettino “la sovranità e l’indipendenza del Libano”. Anche qui, un chiaro messaggio a Hezbollah.

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