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In Australia a processo ci va la gogna

Redazione

Brutto risveglio per chi ha alimentato la mostrificazione del cardinale Pell

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Si aprirà il prossimo novembre, in Australia, il processo contro decine di giornalisti accusati d’aver violato l’ordine (emesso alla fine del 2018) di non diffondere particolari sul conto del procedimento penale a carico del cardinale George Pell. La storia è questa: il giudice Peter Kidd secretò gli atti relativi al primo processo, che si sarebbe poi concluso con l’assoluzione piena lo scorso aprile davanti all’Alta corte. Atti secretati perché non si voleva influenzare la giuria chiamata a decidere di un altro procedimento a carico di Pell, poi finito nel nulla.

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Si aprirà il prossimo novembre, in Australia, il processo contro decine di giornalisti accusati d’aver violato l’ordine (emesso alla fine del 2018) di non diffondere particolari sul conto del procedimento penale a carico del cardinale George Pell. La storia è questa: il giudice Peter Kidd secretò gli atti relativi al primo processo, che si sarebbe poi concluso con l’assoluzione piena lo scorso aprile davanti all’Alta corte. Atti secretati perché non si voleva influenzare la giuria chiamata a decidere di un altro procedimento a carico di Pell, poi finito nel nulla.

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Invece, lo stillicidio contro il cardinale acquisì ancora più forza, con inchieste parziali e j’accuse che occupavano pagine su pagine dei quotidiani locali e intere trasmissioni televisive. Da tutti gli speciali, tra mezze frasi, ammiccamenti e strane complicità, emergeva la mostrificazione dell’ex prefetto della Segreteria per l’Economia, il colpevole designato di tutti i crimini commessi dalla chiesa cattolica in Australia. Indiscrezioni, perché tali erano, considerato l’ordine del magistrato, che alimentavano la gogna, la caccia alle streghe contro Pell. Da qui i sit-in, le manifestazioni con tanto di cartelli che schiaffavano il porporato all’Inferno. Difficile che una giuria non potesse farsi condizionare da un tale contesto ambientale.

 

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Ora, a innocenza stabilita e nonostante il tentativo maldestro di incastrare con nuove surreali accuse Pell, la giustizia sposta il proprio obiettivo su chi ha soffiato sulle braci ardenti, commettendo un reato (questo sì) che va ben al di là del mero rispetto della deontologia professionale. Un processo che di sicuro non restituirà al cardinale australiano i tredici mesi trascorsi in isolamento con il divieto di celebrare la messa, ma che ristabilirà la verità dei fatti e ammaccherà almeno un po’ l’infernale sistema della gogna che dai social ai tribunali pare essere mai come in questi tempi in gran forma. Un piccolo passo che può servire da lezione, non solo alle latitudini australiane.

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