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Il rompicapo Medjugorje

Matteo Matzuzzi

In attesa della decisione di Papa Francesco, il delegato vaticano dà il via libera ai pellegrinaggi ufficiali. Ma un libro smonta il trentennale racconto dei veggenti

Altro che Amoris laetitia e comunione ai divorziati risposati. Se c’è un punto sul quale la chiesa è divisa, da più di trent’anni, questo è Medjugorje. Divisa sulla veridicità delle apparizioni nel paesino bosniaco iniziate nel 1981 e ancora in corso, a ogni latitudine del globo, basta che sia presente uno dei veggenti che videro “qualcosa di simile alla Gospa” (Madonna in croato, ndr) nel tardo pomeriggio del 24 giugno di quell’anno. “Se si sconfessassero non i vescovi ma le apparizioni, temo qualcosa come uno scisma, perché Medjugorje ha rappresentato in questi anni il maggior movimento di masse di una cattolicità mal ridotta dopo il Concilio”, diceva qualche tempo fa lo scrittore Vittorio Messori, che di apparizioni mariane se ne intende. Giovanni Paolo II, si sa, era incline a crederci – “Se non fossi Papa sarei già a Medjugorje, è la speranza del mondo”, avrebbe detto nel 1987 alla veggente Mirjana Dragicevic. Benedetto XVI, più prudente, convocò una commissione di studio presieduta dal cardinale Camillo Ruini. Francesco i frutti di quella commissione li ha raccolti e studiati, ha nominato un delegato per i problemi legati all’afflusso di pellegrini e si riserva di prendere una decisione definitiva. Non è dato sapere quando. Un paio d’anni fa sembrava questione di giorni, il Papa stesso lo aveva detto ai giornalisti: “Siamo lì lì per decidere”. Poi nulla, salvo rimandare al rapporto dei commissari, che sarebbero favorevoli a riconoscere le prime sette apparizioni mentre tante perplessità nutrirebbero sulle altre, quelle “a distanza” e più recenti.

 

“Se si sconfessassero le apparizioni, temo qualcosa come uno scisma”, diceva qualche tempo fa Vittorio Messori

A ogni modo, la parola ultima sarà del Papa, che però ha già fatto capire come la pensi, rifiutando l’immagine della “Madonna postina” che manda messaggi a tutte le ore e in momenti prestabiliti, magari laddove si è organizzato un evento sul tema, in qualche palasport o teatro. Rispetto ai “dubbi” del rapporto “io personalmente sono più cattivo – disse il Papa lo scorso maggio tornando da Fatima – io preferisco la Madonna madre, nostra madre, e non la Madonna capoufficio telegrafico che tutti i giorni invia un messaggio a tale ora… questa non è la mamma di Gesù. E queste presunte apparizioni non hanno tanto valore. E questo lo dico come opinione personale”.

 

La scorsa settimana un’apertura di assoluto rilievo è stata quella di mons. Henryk Hoser, il vescovo polacco inviato lo scorso inverno da Bergoglio a Medjugorje per occuparsi dei pellegrini. “Da oggi – diceva in un’intervista ad Aleteia – le diocesi e le altre istituzioni possono organizzare pellegrinaggi ufficiali. Non ci sono più problemi”. Salvo rivedere, pochi giorni dopo, la posizione, mostrandosi più prudente e dicendo al Giornale che “non serve alcuna autorizzazione per pregare la Madonna”. E fin qui, non è che ci fosse granché da discutere. Mons. Hoser chiarisce però, ed ecco la puntualizzazione più rilevante, che “se un vescovo vuol organizzare un pellegrinaggio di preghiera a Medjugorje per pregare la Madonna, può farlo senza problema. Ma se si tratta di pellegrinaggi organizzati per andare lì per le apparizioni, non si può, non c’è l’autorizzazione per farlo”. Acqua gelata sulle aspettative e speranze di chi ormai riteneva imminente un pronunciamento favorevole della Santa Sede. Il fatto è che la prospettiva da cui si guarda la vicenda è sbagliata. Il Papa l’ha detto: “Il nocciolo vero e proprio del rapporto-Ruini è il fatto spirituale, il fatto pastorale, gente che va lì e si converte, gente che incontra Dio, che cambia vita… Per questo non c’è una bacchetta magica, e questo fatto spirituale-pastorale non si può negare”. Insomma, ogni  albero  si riconosce  dal suo  frutto: non  si  raccolgono fichi dalle spine, né  si  vendemmia uva da un rovo, è scritto nel Vangelo. E’ questa, ad esempio, la posizione del cardinale Christoph Schönborn, che ai veggenti ha aperto le porte della cattedrale di Santo Stefano a Vienna. Ed è anche la posizione dell’inviato papale, che proprio sul “fatto spirituale” tanto insiste. E i numeri, freddi e asettici, sono innegabili. Pellegrinaggi continui, migliaia di confessioni al punto che i confessionali non bastano. E tante conversioni. Gente che ha iniziato a credere dopo essere stata lì, spesso diffidente, sospettosa e convinta che tutto il mondo-Medjugorje altro non fosse che un baraccone ben congegnato e gestito. Uomini e donne che – diceva sempre Messori – hanno “rafforzato una fede un po’ impallidita”. Ecco la porta tenuta aperta dal Papa, che potrebbe anche porre fine alla faida trentennale tra la diocesi di Mostar – da cui dipende la cittadina – e i frati francescani che amministrano la parrocchia locale. La soluzione ci sarebbe, e consisterebbe nel fare di Medjugorje un santuario alle dirette dipendenze del Vaticano. La situazione però resta delicata, anche perché non mancano ancora oggi le voci di chi bolla tutto come un’enorme mistificazione, un imbroglio diabolico.

 

I dubbi del Papa sulla “Madonna postina”, l’attenzione puntata sull’alto numero di conversioni e confessioni

E’ recente la pubblicazione in Italia per Cantagalli (pp., 25 euro) della nuova edizione di Comprendere Medjugorje. Visioni celesti o inganno religioso, libro corposo scritto da Donal Anthony Foley, direttore della casa editrice Theotokos Books, esperto di apparizioni mariane, segretario dell’apostolato mondiale di Fatima in Inghilterra e Galles. Foley è critico – in alcuni passaggi fin troppo, giungendo a conclusioni basate unicamente su valutazioni empiriche, come quando indugia sulla mano “tremante” della presunta Gospa, segno a suo dire di intromissione diabolica –, esamina accuratamente le dichiarazioni verbalizzate dei veggenti, dà conto di episodi circostanziati e di incongruenze sedimentatesi negli anni. Impresa difficile, visto che “il successo riscosso da fenomeni come quello di Medjugorje appare in buona parte dovuto a un elemento: coloro che ne scrivono e raccontano la storia sono quasi sempre i sostenitori entusiasti, i quali di norma non si distinguono per il desiderio di comprendere l’effettiva realtà dei fatti”. Il dito è puntato, tra gli altri, su René Laurentin, considerato il più grande mariologo del Novecento e scomparso lo scorso settembre all’età di cent’anni. Laurentin è sempre stato un sostentitore della veridicità delle apparizioni nella località bosniaca, seppure in più di una circostanza avesse giudicato “eccessivo” il numero delle apparizioni della Vergine. “Inganno satanico?”, si chiedeva: “A Medjugorje si verifica ogni anno il più elevato numero di conversioni alla fede cattolica: Satana cosa ci guadagnerebbe a riportare tante anime a Dio?”.

 

Le interviste ai veggenti, la presa di posizione della diocesi di Mostar contro le apparizioni. I pochi punti in comune con Lourdes e Fatima

Foley risponde che “nonostante i molti fraintendimenti su ciò che esattamente Cristo intese con il termine ‘buoni frutti’, una corretta analisi del suo insegnamento dimostra che siamo ammoniti a guardare alle azioni di coloro che vantano visioni o dei loro sostenitori, piuttosto che al generico entusiasmo religioso che può derivare da simili fenomeni”. A tal proposito, è riportata una dichiarazione dell’allora vescovo di Mostar Zanic, che il 25 luglio 1987 scriveva: “La Madonna, dicono, ha cominciato ad apparire sulle pendici del Podbrdo, sul monte Crnica, e quando la polizia ha proibito di salire là, è apparsa in case, recinti, campi, vigne, coltivazioni di tabacco; è apparsa in cheisa, sull’altare, in sacrestia, sul coro, sui tetti, nel campanile, per le strade, sulla via per Cerno, in un’autovettura, in un pullman, nelle scuole, in diversi luoghi a Mostar e Sarajevo, in conventi a Zagabria, a Varazdin, in Svizzera, in Italia, di nuovo sul Podbrdo, sul Krizevac, in parrocchia, nella casa parrocchiale. Non è stata elencata nemmeno una metà dei luoghi delle presunte apparizioni, e un uomo sobrio che onora la Madonna si domanda: ‘Madonna mia, cosa stanno facendo di te?’”. Foley pubblica – ed è il primo a farlo – le trascrizioni delle interviste fatte all’epoca dai francescani ai veggenti, mettendone in luce le contraddizioni e la differenza rispetto a quanto capitato altrove, da Lourdes a Fatima.

 

La Vergine “con la mano tremante rimanda più al diavolo che a Dio”. Ma il mariologo Laurentin: “Satana cosa ci guadagnerebbe?”

Don Manfred Hauke, professore di Dogmatica alla Facoltà di Teologia di Lugano e presidente della Società tedesca di Mariologia, è tra quanti considerano l’opera di Foley “il lavoro teologico più importante sulle presunte apparizioni di Medjugorje”. In particolare, ha sottolineato più volte Hauke, il suo pregio scientifico consiste proprio nello studio delle prime interviste fatte ai veggenti. Nastri che però sono stati diffusi solo anni dopo senza la certezza che la commissione Ruini li abbia mai ascoltati. C’è un punto su cui Foley insiste, e ha a che fare con “il fatto che la Gospa non prendesse l’iniziativa”, non parlasse. Una situazione che “non si concilia affatto con le apparizioni autentiche di Maria, durante le quali la Madre di Dio sapeva sempre esattamente cosa stava facendo. Più tardi, nei messaggi che si sono succeduti per più di un quarto di secolo, la Gospa ha ritrovato la voce ed è diventata la scaturigine di una vera e propria fiumana di parole”. Il problema – sottolinea l’autore – “è che molte delle sue parole sono completamente inconciliabili con ciò che sappiamo sulle affermazioni della Madre di Dio nelle sue apparizioni riconosciute”. E poi, i veggenti non sarebbero per nulla attendibili. Ma su questo ha già risposto padre Salvatore Perrella, preside della Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma e membro della commissione Ruini: “Le apparizioni prescindono dallo stato di grazia di chi le ha. Anche Gesù non ha scelto dei santi come apostoli”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.