L'insegna era stata acquistata dai dipendenti del locale ufficio postale dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001

God bless America addio. In Kansas vìola la separazione tra stato e chiesa

Matteo Matzuzzi
God bless America addio. Non si tratta di una rivisitazione della celebre canzone patriottica scritta da Irving Berlin nel 1918. Uno dei marchi americani per eccellenza, che trovi in ogni forma e colore nei corner aeroportuali come nei negozietti di souvenir delle grandi metropoli, non è più gradito in Kansas.

Roma. God bless America addio. Non si tratta di una rivisitazione della celebre canzone patriottica scritta da Irving Berlin nel 1918 e da allora cantata in stadi, piazze e teatri ogni qualvolta c’è da rimarcare l’orgogliosa appartenenza alla terra della mitica frontiera. Uno dei marchi americani per eccellenza, che trovi in ogni forma e colore nei corner aeroportuali come nei negozietti di souvenir delle grandi metropoli, non è più gradito in Kansas, profondo Midwest. Almeno non in un ufficio postale di Pittsburg, dove è stato dato ordine di rimuoverlo dal muro ove era stato appeso quindici anni fa. A chiedere di buttare l’insegna nel cestino era stata la Freedom from religion foundation (Fondazione della libertà dalla religione), organizzazione con base nel Wisconsin che non ne voleva sapere di vedere il riferimento divino sovrastare buste e biciclette elettriche da postino. Così, non si sa quanto a malincuore, le poste locali hanno dato ordine di smantellare tutto. “La nostra policy proibisce l’eposizione di avvisi in spazi pubblici, a meno che non si tratti di comunicazioni ufficiali del governo o siano stati precedentemente approvati”, ha fatto sapere la portavoce locale. Il God bless America in questione, insomma, non risponderebbe a nessuna di tali caratteristiche. Da qui la rimozione, come richiesto dall’organizzazione atea, che qualche mese fa aveva tentato di far togliere dalle auto degli sceriffi del Missouri l’adesivo “In God We Trust”, scritta che volevano cancellare anche dai dollari (monete e carta) attraverso la chiamata in causa della Corte suprema. Senza successo.

 

La vittoria in Kansas fa esultare Madeline Ziegler, membro attivo del gruppo e legale dello stesso: “Siamo davvero felici che l’ufficio postale abbia compiuto i passi necessari per separare la chiesa dallo stato e conformarsi così ai regolamenti vigenti”. E comunque, ha spiegato, “abbiamo ricevuto la segnalazione da un cittadino”, turbato dal messaggio in questione. La conseguenza più immediata dell’eliminazione dell’insegna è stata l’impennata delle vendite di adesivi e bandiere con la scritta “God bless America” negli store cittadini. “Non lo facciamo per business, ma per promuvoere l’America”, dice al Joplin Globe Martin Dickinson, proprietario di un negozio di grafica e al contempo pastore presso la All Saints Anglican, a Chicopee. “E una vergogna che ventitremila persone – tante quanti sono gli appartenenti al Freedom from religion foundation – possano controllare le volontà di milioni di altri americani”, aggiunge Dickinson. “Io riconosco la separazione tra stato e chiesa. Ma credo anche che mai come ora abbiamo bisogno della benedizione di Dio”. Al di là dell’aspetto meramente religioso della vicenda, lo stemma rimosso dall’ufficio postale di Pittsburgh ha una storia particolare che avrebbe dovuto suggerire, forse, più prudenza: “Dopo gli attacchi dell’11 settembre, un gruppo di impiegati venne da me e disse che avremmo dovuto fare qualcosa”, dice Ed Hinde, che di quell’ufficio fu direttore per sedici anni, fino al 2003: “Loro hanno pagato metà dell’insegna, io il restante”. Questo simbolo, ha detto ancora Hinde, “non ha nulla a che fare con la religione. E’ stato messo lì per commemorare tremila persone che hanno perso la vita l’11 settembre 2001 e per infondere patriottismo”.

 

[**Video_box_2**]In città, ventimila abitanti, accanto all’immancabile bandiera a stelle e strisce ovunque svettano i vessilli con il God bless America in bella mostra. Perché, come dice un residente locale, “noi siamo prima di tutto americani, quindi soldati”.

 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.