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Fermata amara

Bus vituperato, invocato, spiaggiato, sofferto e riscoperto. Il romano e i suoi “auti”. Epopea

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Le scuole che riaprono, i primi allagamenti d’autunno e lo sciopero degli autobus (solo la mattina, solo la sera, sia la mattina sia la sera – ferme restando le fasce orarie protette). Non c’è settembre romano che non porti con sé una combinazione di queste tre “emergenze”. E però quest’anno lo sciopero bus si è innestato sull’incredibile triste storia dei “guasti in serie” e delle “rimesse piene”. Scrivono infatti Lorenzo D’Albergo e Flaminia Savelli (su Rep. edizione locale del 14 settembre): “C’è il bus fermo in rimessa con il radiatore fuori uso, quello che a causa delle buche ha l’impianto di aria condizionata ko. Poi ci sono gli autisti seduti al bar, a guardare i colleghi al volante dei (pochi) mezzi a disposizione di Atac. I numeri, a scuole aperte, sono impietosi: a Roma dovrebbero circolare 1.500 bus al giorno, quelli effettivamente operativi sono 1.200 e, causa guasti, il contingente si riduce quasi ogni giorno a circa 900 unità. Il 32 per cento dei mezzi è al palo: i motori sono in sofferenza…”.

 

E ancora, dopo visita dei cronisti alla rimessa di Portonaccio: “…quasi 50 bus sono da rottamare, irrecuperabili anche se affidati alle cure del più bravo meccanico in circolazione…”. Segue ricostruzione dello scambio di lettere (via Facebook e non) tra l’assessore Linda Meleo e l’ex dg Atac Marco Rettighieri, ed è a quel punto che l’attenzione del lettore viene catturata dalla questione “pezzi di ricambio”: l’assessora dice che non sono stati pagati i fornitori e quindi i pezzi di ricambio non ci sono, ma l’ex dg risponde che per ben due volte durante l’estate aveva dato l’allerta sul tema “stato manutentivo degli autobus” – e mentre uno si figura quel cimitero di elefanti di bus spiaggiati con autisti “seduti al bar a guardare i colleghi al volante”, si apprende che l’assessora ha anche rivendicato (in nome della giunta a Cinque Stelle) la paternità dell’operazione “contratto di leasing” per “150 nuovi bus” – che però devono ancora arrivare nei depositi. E si viene dunque rapiti dall’immagine (nonché “wishful thinking”) dei mirabolanti mezzi che dovrebbero, entro marzo, risolvere il problema che angustiava anche Roberto Giachetti (avversario di Virginia Raggi nella corsa a sindaco e paladino del “recupero tempo perso” negli spostamenti).

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Intanto, alle fermate e presso i principali ingorghi cittadini, ci si interroga sul mistero dei cosiddetti “bus lunghi”: trattasi di torpedoni nuovissimi che corrono vuoti come vascelli fantasma lungo le vie del centro (non si vede il conducente, ma c’è – ancora non siamo al bus-robot): perfettamente sfreccianti, ma senza passeggeri, in orari in cui i passeggeri si stipano su altri mezzi meno veloci e dall’aspetto fané. Che siano in prova, i torpedoni vuoti? Che siano le prime unità dei suddetti centocinquanta fantomatici mezzi in leasing? Che sia un miraggio da ultimo caldo? Impossibile a dirsi, specie quando, oltre il semaforo, si palesa caracollante la solita vettura non lunga ancorché strapiena.

 

E c’è chi, nelle lunghe attese alle fermate, comincia a rimpiangere i bus color verderame anni Settanta e primi-Ottanta, quelli con il bigliettaio a bordo, che almeno, per dirla con una signora in attesa del bus numero 70 in zona Prati, “non avevano tutti questi problemi di sospensioni”. Nessun turista di città italiana o estera riesce fino in fondo a capire il rapporto complesso del romano con quelli che in dialetto vengono ancora chiamati “auti”: autobus vituperato, autobus invocato, autobus sofferto e autobus riscoperto (quando si decide di affidarsi alla sorte e lasciare a casa il motorino perché piove, e la vettura che già ci si era rassegnati ad attendere per almeno mezz’ora improvvisamente compare, senza essersi fatta aspettare neanche cinque minuti).

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