Una lezione imprescindibile sul caso Moro

Massimo Bordin

16 marzo 1978 il nuovo libro di Giovanni Bianconi è una cronaca storica puntuale, che aiuta a smontare tante baggianate sul rapimento del presidente della DC

Il libro di Giovanni Bianconi sul 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro, pubblicato da Laterza nella collana dedicata ai giorni più importanti della storia del nostro paese, non è solo molto bello. È imprescindibile. Almeno di fronte alla marea di sciocchezze cresciute e autoalimentatesi nel corso del tempo.

   

Bianconi nel suo libro fa un lavoro da grande cronista e rimette in fila i fatti, dalla sera di vigilia di quella giornata, l’agguato, la reazione dei partiti, l’accelerazione del voto di fiducia al governo col PCI nella maggioranza, le prime indagini e le prime manifestazioni fino al voto definitivo sul governo a tarda notte. Il risultato della lettura è molto significativo. La radice, la base delle successive farneticazioni, fino a quelle di chi sostiene che Moro non sia stato rapito a via Fani ma in un altro posto, sta tutta in quelle prime 24 ore così come si trovano puntuali smentite, prese solo dallo svolgersi dei fatti, a molto avventurose ricostruzioni.

   

Sostenere, come fece da subito il PCI ma anche molti altri, che si aveva a che fare non con una formazione politica ma con una accolita di assassini utilizzata da imprecisati servizi segreti, non servì solo e tanto a stravolgere l’identità e la natura politica delle BR, quanto e soprattutto a rafforzare quella “linea della fermezza” che caratterizzò da subito tutto l’arco politico con l’eccezione di socialisti, radicali e della parte più saggia dell’estrema sinistra. È la lezione principale del libro di Bianconi e spiega anche perché le baggianate in materia durino da quarant’anni.

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