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Cosa ci dice davvero il numero dei morti nel Mediterraneo

Massimo Bordin

L'Ispi ha fornito un dato comparativo sulla media giornaliera di migranti che muoiono sulla rotta libica. Da luglio 2017 a maggio di quest’anno il numero quotidiano dei morti era crollato a 3,3. Col nuovo governo, si risale a 7,8

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Un dato sui morti nel mare Mediterraneo dovrebbe fare riflettere. Si tratta di un dato comparativo, la fonte è l’Ispi, sulla media giornaliera di morti sulla rotta libica. Nel periodo compreso fra il gennaio 2016 e il maggio 2017, periodo che comprende i primi 5 mesi di Minniti al Viminale, la media giornaliera dei dispersi risulta di 11,6. Nel periodo successivo, da luglio 2017 a maggio di quest’anno il numero quotidiano dei morti crolla a 3,3. Questa estate da giugno ad agosto, col nuovo governo, si risale a 7,8. È giusto notare che le comparazioni più attendibili devono essere fatte su periodi omogenei. Va anche aggiunto che il periodo estivo, per ovvi motivi, vede un incremento del traffico via mare e dunque anche dei morti. Si possono consultare altre fonti che comparano i periodi da maggio a settembre degli ultimi due anni e verificare che la forbice si restringe e, per alcuni, quasi si annulla. Un fatto però è incontrovertibile. La caduta verticale del numero dei viaggi, e dunque dei morti, avviene con il ministro Minniti. Il suo successore al massimo non ha aggravato la situazione, a parte un incidente diplomatico con la Tunisia. I critici da sinistra del ministro del Pd hanno fatto notare che la statistica non contempla il numero di morti nei centri lager libici. È vero ma quel numero non lo conosce nessuno. La presenza, non completa e comunque imperfetta, degli organismi Onu e delle Ong nei centri libici, potrebbe aiutare a comprendere l’entità, sicuramente raccapricciante, del fenomeno e tentare di ridurlo. Anche questa però è una novità introdotta da Minniti e pare improbabile che il suo successore intenda renderla più incisiva.

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