Nino Di Matteo (foto LaPresse)

Una situazione spiacevolissima

Massimo Bordin

Salvatore Borsellino, Fiammetta e Di Matteo sulla strage di via D’Amelio

L’ingegnere Salvatore Borsellino ha intimato ieri al Csm, attraverso le pagine del Fatto, di non dare seguito alla programmata audizione del dottore Antonino Di Matteo sul tema della mancata percezione della falsità delle deposizioni del pentito Scarantino da parte dei pm di Caltanissetta impegnati nel processo sulla strage di via D’Amelio. Di Matteo, allora assai giovane, faceva parte di quel gruppo di inquirenti e a lui toccò nella requisitoria avvalorare le cose dette da Scarantino. La questione è nota, per chi segue questa rubrica, come pure le spiegazioni offerte dal dottore Di Matteo in più di una occasione pubblica. Salvatore Borsellino si rivolge al Csm sulla base del suo impegno antimafia, sicuramente maturato dopo la barbara uccisione di suo fratello Paolo, nel 1992, ma reso pubblico solo nel 2007, alcuni mesi dopo che sua sorella Rita fu candidata a presidente della regione Sicilia. Fu allora che nacque, per impulso di Salvatore Borsellino, il movimento “Agende Rosse”. La tesi espressa dall’ingegnere ieri sul Fatto quotidiano nega la necessità della audizione e la interpreta come una umiliazione per Di Matteo, volta a fargli pagare la vittoria da lui ottenuta nel primo grado del processo Trattativa. Il problema sta nel fatto che a sollecitare l’indagine e le audizioni al Csm sia stata la figlia del giudice ucciso, Fiammetta, sostenuta dal resto della famiglia. Si è creata inutilmente una situazione spiacevolissima. A scioglierla basterebbe una parola del dottore Di Matteo.

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