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L'inedita convergenza tra Grasso e Ingroia

Massimo Bordin

Una commissione parlamentare sulle stragi di mafia proposta sulle pagine de La Stampa fa ritrovare l’ex procuratore di Palermo e l'ex magistrato su un piano condiviso. Restano le differenze di stile 

L’intervista pubblicata ieri da La Stampa a Pietro Grasso, firmata da Francesco La Licata, segna una convergenza inaspettata da parte dell’ex procuratore di Palermo con Antonio Ingroia che, non più di qualche giorno fa, lo aveva definito un “normalizzatore” che gli aveva causato “la più grande delusione della sua carriera di magistrato”. Eppure i due, diversamente protagonisti di una stagione giudiziaria e che certo non si amano, si ritrovano sulla proposta, lanciata da La Licata dalle pagine del quotidiano torinese, di una commissione parlamentare sulle stragi di mafia. Naturalmente permangono differenze di stile.

  

Grasso rivendica di avere proposto la commissione già nel suo discorso di insediamento alla presidenza del Senato. Ingroia, più scapigliato, propone una raccolta di firme di cittadini sponsorizzata dal Fatto quotidiano, ma l’aplomb istituzionale e il movimentismo giudiziario possono ben essere complementari. La sentenza di Caltanissetta, e quella palermitana che arriverà a breve, serviranno da volano per il lancio della commissione. Conclusi, in primo grado, i processi sulla strage di via D’Amelio e sulla trattativa, è bene ricordare che è ancora in corso il processo, davanti alla corte d’assise di Reggio Calabria, che dilata i tempi della offensiva stragista fino al 1994, anno politicamente cruciale. Il processo nasce da una indagine, controversa, ispirata da Grasso quando era a capo della procura nazionale antimafia e ora il dibattimento vede Ingroia fra i protagonisti come avvocato di parte civile. Forse la radice dell’inedita convergenza sta lì.