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Che cosa c'è dietro al complottismo di Salvini sulle navi che salvano i migranti

Massimo Bordin

Due sono le imbarcazioni che hanno recuperato persone in mare, il cargo danese Maersk Line e la Lifeline. Perché non c'è alcun piano di “sostituzione etnica”

Mentre scrivo le navi che non riescono a sbarcare il loro carico umano, circa trecento migranti complessivamente, sono due. Una caratteristica le distingue.

 

Una, il cargo danese Maersk Line, è una nave mercantile, un portacontainer, che ha cambiato rotta venerdì mattina dopo aver ricevuto la richiesta di aiuto da un barcone di migranti in difficoltà. Le operazioni di salvataggio sono state autorizzate dalle autorità italiane che poi hanno vietato lo sbarco in un nostro porto. L’altra nave, la Lifeline, è una nave di una ong che incrocia nel Mediterraneo per aiutare i migranti in difficoltà. Fra le due navi c’è un rapporto oggettivo. Il cargo danese deve consegnare merci entro scadenze che, se non vengono rispettate, causano problemi seri. L’armatore si è certo assicurato sugli imprevisti del viaggio e a coprire i costi sarà l’assicurazione, naturalmente a malincuore. L’agenzia France presse informa i suoi abbonati che dal 2013 il cargo danese è stato coinvolto in sette operazioni di salvataggio. Ha una logica se i broker che assicurano i viaggi marittimi contribuiscono a finanziare le ong. E’ un aspetto importante, non l’unico, che aiuta a capire come da questo punto di vista non ci sia alcun piano di “sostituzione etnica”, complottismo inverecondo spacciato a piene mani dal bullo che siede al Viminale e da qualche procuratore capo.

 

Se mai per le ong si potrebbe evocare la “mano invisibile del mercato”, in questo caso assai più caritatevole di quella pesante e visibilissima degli stati nazionali. Poi il problema non si esaurisce nel salvataggio ed è complicatissimo, ma sicuramente non si risolve lasciando la gente in mezzo al mare.

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